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Channel: I SAPORI DEL MEDITERRANEO
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Pastori sardi, i villani e Don Pasta

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...tra due generazioni, la cucina popolare italiana scomparirà dalla faccia della terra: le nuove generazioni troveranno tracce solo nei libri di storia e ogni azione di autoprodursi il cibo sarà vietata. Già oggi molte autoproduzioni di cibo sono vietate, e  questo processo  graduale  sta portando ad ottimi risultati per le lobby del settore. Le restrizioni in materia sanitaria e la globalizzazione stermineranno quel poco che  ci è rimasto, regole  che sono restrittive per l'Italia e meno per il resto d'Europa. Basti pensare che grazie a politiche di interscambio e aiuti alle multinazionali,  con relativa concorrenza sleale, in Italia negli ultimi 20 anni sono state chiuse 140 stalle, grazie anche all'imposizione ad arte della famosa quota latte. Oggi siamo invasi di latte e derivati provenienti da Slovenia, Polonia e Ungheria, le cagliate sono un esempio di come anche i prodotti finiti non contengono latte dei nostri territori. Stiamo sotto attacco,vogliono distruggere l'agricoltura italiana da sempre la migliore al mondo. Oggi la storia del latte si ripete con la protesta dei pastori sardi, pensate ricevono 50 centesimo al litro e questi soldi non bastano per le spese. Gli industriali del formaggio comprano il latte in quei paesi dove il tenore di vita e tre volte più basso del nostro e pretendono di pagare il latte italiano allo stesso prezzo di quello rumeno. Un ricatto che avrebbe funzionato bene in altre regioni d'Italia, portando all'estinzione di pecore e pastori... in Sardegna no. Un popolo intero si e' ribellato con una protesta incisiva  per la prima volta contro questa sporca e bastarda globalizzazione, hanno versato per strada fiumi di latte di pecora provenienti sia dai loro allevamenti che da cisterne proveniente dai paesi a basso costo. Risultato? Hanno mandato in tilt la produzione industriale  di formaggio e suoi derivati. LODEVOLE.... 
 Il problema è serio, quasi nessun operatore del settore enogastronomico mette naso, chef, critici, giornalisti pensano solo a pompare prodotti e culture dove possono arricchire loro e le lobby. La politica e' meglio non nominarla, vivono  in un altro pianeta, per loro il problema si risolve con sussidi e ignorano che il problema è sistemico.
 Grazie a questo sistema, la cucina popolare italiana, amata e imitata in tutto il mondo sta morendo. Ma in tanti provano a salvarla. Uno dei tanti è Daniele De Michele alias Don Pasta che grazie al film i Villani è riuscito a raccontare quello che le lobby cercano di oscurare. Il suo è un lungo viaggio nei luoghi dimenticati dai media  e  dove la storia e la leggenda si respirano nell'aria. Dico sempre ad una mia amica, dobbiamo ringraziare un salentino per la visibilità data alle nostre tradizioni, un personaggio Don Pasta innamorato della Campania...
Il film di Don Pasta racconta l'incontro con otto personaggi con l'autore, uomini e donne di ogni età, che nel loro fare quotidiano rappresentano la sintesi delle infinite resistenze e reticenze ad adottare un modello gastronomico e culturale uguale in tutto il mondo. Quattro generazioni a confronto, per poter verificare se la cucina italiana sia ancora un patrimonio vivo, se il passaggio di informazioni tra generazioni esiste ancora, se la tradizione così come l'abbiamo ereditata si salverà o scomparirà". Questo è l'obiettivo dichiarato e conseguito da Daniele De Michele con il suo primo lungometraggio.
Non possiamo fermare il tempo a tantomeno portarlo indietro, però l'ottica dell'ottimizzazione industriale sui nostri territori deve fallire!

Lasagna di carnevale 2.0 #duepuntozero

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La lasagna è una delle paste più antiche, risalenti al periodo greco, conosciuta con il nome di laganon. E' un piatto tipico del periodo di carnevale, e in particolare del Martedì grasso, ultimo giorno di Carnevale. Molteplici sono le versioni, la ricetta Emiliana prevede l'uso della besciamella e della carne macinata; a Napoli questi ingredienti sono sostituiti dalla ricotta e dalle polpettine. Oggi la lasagna, grazie all'abbondanza, varietà e la creatività delle persone, viene eseguita in diversi modi, anche se nella nostra regione, la campania, le tradizioni riescono a resistere. Questa proposta è una variante soft, o 2.0 senza abbondare negli strati. Il ragù finto e a parte la carne trita saltata in padella, una scomposizione del ragù alla bolognese che attribuisce al piatto sapori decifrati. 
Note: La pasta secca può essere lessatat come per la pasta fresca, oppure condita direttamente. In questo caso tenere la besciamella e il sugo un pò piu liquido e spargetela uniformemente affinchè ricopre bene tutta la pasta.
 Ingredienti: 
400 g di lasagne di grano duro
350 g di carne trita
750 ml di sugo home made

1 cipolla 
1 carota 
1 stelo di sedano 
1 aglio 
Sale
olio extra vergine di oliva 
250 g di fiordilatte 
Ingredienti Besciamella 
1/2 litro di latte 
50 g di burro 
50 g di farina 
sale 
noce moscata 

Procedimento: 
In un tegame, fate rosolare nell'olio extra vergine di oliva e per circa 5 minuti, la cipolla, la carota, il sedano e l'aglio tritati. Aggiungete la passata di pomodoro, salate e lasciate cuocere a fuoco lento per circa un ora Nel frattempo ho preparato la besciamella. In una pentola di media dimensione fate sciogliere il burro a fiamma dolce. Togliete la pentola dal fuoco, unite la farina (setacciata e poco per volta) e mescolate con un cucchiaio di legno fino ad ottenere un composto omogeneo. A questo punto aggiungete un po’ di latte (riscaldato in precedenza) poco per volta e mescolate finché il composto di farina e burro si amalgama completamente con il latte diventando una crema. Versate sempre poco latte a filo e mescolate finché il 1/2 litro si sarà esaurito. Rimettete il tutto sul fuoco a fiamma dolce e continuate la cottura fino a quando la besciamella risulterà bella densa. Aggiungete il sale e la noce moscata grattugiata a momento. Fate rosolare la carne trita in una padella con poco olio extra vergine di oliva. A questo punto che tutti gli ingredienti sono pronti iniziate  ad assemblare le lasagne. Prendete una teglia e fate sul fondo un leggero strato di sugo e besciamella. Disponetevi un primo strato di lasagna e ricoprite il tutto con carne trita, besciamella, fiordilatte e parmigiano reggiano. Ricoprite con la pasta e terminate con il sugo e besciamella,  aggiungete il parmigiano reggiano. Infornate la lasagna a 200 °C per circa 30 40 minuti. Se necessario, per ottenere una migliore doratura, accendere il grill e cuocere per altri 5 minuti.  Ho infornato la lasagna nel forno a 200 ° per 30-35 minuti controllando naturalmente la cottura.Una volta pronte l'ho lasciate raffreddare per 15-20 minuti, tagliate e buon appetito.  

Lumache di mare e maruzzielli

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Un post breve, giusto per portare a conoscenza un piccolo trucchetto per far si che il mollusco esca appena fuori dalla conchiglia durante la cottura evitando così il fastidio di usare lo stuzzicadenti per farlo uscire.
Nassarius mutabilis,lumachine di mare o in napoletano maruzzielli.
Ingredienti:
Lumache di mare "maruzzielli"
olio extra vergine di oliva
aglio 
pepe
Procedimento:
Lavare accuratamente i maruzzielli  e adagiarli in una colapasta.In una padella ho messo l'olio extra vergine di oliva e l'aglio sul fornello del caffè a fuoco lentissimo .Dopo 6-7 minuti che l'olio extra vergine e' incominciato a scaldarsi ho versato i maruzzielli.A questo punto li  l'ho salati abbondantemente senza eccedere. I maruzzielli attirati dal sale sono usciti abbondantemente dalla conchiglia.Ho messo il coperchio sopra e ho fatto andare per altri 5-6 minuti in  modo che muoiano rimanendo fuori la conchiglia.Ho finito di cuocere per altri 2 minuti a fuoco sostenuto.Servire con del pepe fresco tritato a momento.
La cottura che consiglio del maruziello e quella in bianco , in questo modo si assapora tutto la freschezza e l'essenza del mare.

Pasta ai ceci neri di Pomarico e vongole veraci

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Spesso non si fa un adeguata promozione dei prodotti tipici perchè si pensa sempre al ritorno economico. Maledetti soldi stanno rovinando il mondo e sopratutto i valori di un tempo. Anche nei nostri blog ,non riusciamo a dare il giusto messaggio dell'eccellenza gastronomica Italiana,il motivo è sempre lo stesso......... !!!!!!
L'ingrediente che ho usato in questa ricetta è un eccellenza della Basilicata, ovvero i ceci neri di Pomarico, piccolo centro abitato in provincia di Matera.Non ho trovata tante notizie su questo prodotto ma in seguito spero di fare qualche altra ricetta e magari indagare andando un po' più nei dettagli.
 Ingredienti:
6-7 cucchiai Ceci neri di Pomarico (già lessati)
200 g Vongole veraci
3 pomodorini (facoltativo)
pepe nero
250 g pasta (ditaloni lunghi)
pepe
sale 
Olio extra vergine di oliva 
Procedimento:
In una padella ho messo l'olio extra vergine di oliva  e lo spicchio d'aglio schiacciato.La procedura di soffritto e' durata per circa 15 minuti , più lenta e' questa operazione maggiore sarà l'aroma che l'aglio rilascia nell'olio extra vergine di oliva. L'aglio non deve dorare ma deve cuocersi lentamente, quindi ho messo la padella sul fornello del caffè a fuoco lentissimo.Trascorso il tempo ho adagiato i pomodorini e ho versato  i ceci neri di Pomarico. Ho messo la pentola su un fornello normale a fiamma lento-media  e ho fatto insaporire il tutto per 7-8 minuti.A questo punto ho versato le vongole veraci, ho coperto la pentola con un coperchio, il tempo che le stesse si aprissero.Ho tolto il fuoco e ho messo il sughetto dei ceci neri di Pomarico e vongole veraci da parte.
 In una pentola con abbondante acqua salata ho cotto la pasta e l'ho scolata al dente, saltandola  nella padella con il condimento dei ceci neri di Pomarico e vongole veraci.Gli ho dato due minuti di riposo e ho impiattato aggiungendo il pepe nero macinato al momento.

La Pigna -Casatiello dolce-

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Inizio questo post con l’augurarvi una Santa Pasqua e che nei nostri cuori risorga tanto amore e fraternità.
Oggi vi presento un dolce pasquale della tradizione culinaria di Marcianise; la pigna, conosciuto anche come casatiello dolce nell’intera regione.
"All’interno della tradizione  la simbologia della pigna  rappresenta la morte e resurrezione del Cristo Salvatore ."
Quando era ancora in vita la mia nonna, che tra l’altro riusciva ad eseguire questo dolce con estrema facilità , mi raccontava che veniva servito il giorno di pasqua, era vietato servirlo prima perche’ all’interno potevano trovarci un serpente. Naturalmente era una frase per spaventare i bambini che volevano a tutti i costi assaggiare questa prelibatezza ed era l’unico dolce presente nel periodo di pasqua; ci riferiamo agli anni 20-30 dove la fame e la miseria era presente in città.
I tempi cambiano, ma oggi troviamo tanta difficoltà a fare la pigna con quel metodo antico  che usavano i nostri avi. Sempre dai racconti della nonna e di altre persone che ancora oggi lo possono testimoniare , la pigna e’ un dolce di difficile esecuzione perché ha bisogno di tanta attenzione e la sua preparazione ha più di un segreto. Oltre la lavorazione realizzata con la forza delle braccia, fino ad ottenere un prodotto soffice e libero da qualsiasi grumo di farina, ha anche la particolarità di unire tutti gli ingredienti con della pasta madre che ha superato la sua maturazione, ovvero come si dice da noi o "criscito scriscitato" .
Questa secondo i racconti dovrebbe essere la base a dare quel retrogusto particolare e un po’ acidulo che si sposa bene con l’aroma dei tra liquori che assolutamente non possono mancare nella pigna , anice, rhum e strega Aliberti . L’altro segreto e quello di coprire con coperte di lana e lasciarlo lievitare , la sua crescita dipende molto da una  temperatura costante.
Un'altra caratteristica della pigna con il metodo antico e’ la sfresatura, aperture di crepe a forma di un vulcano; credo questo possa essere attribuito alla non perfetta lievitazione che caratterizza appunto questo dolce. La lievitazione della Pigna di regola rispetta sempre le 72 ore, che corrisponde allo stesso tempo intecorso tra la morte di Gesù e la sua resurrezione.  
Ingredienti:
1 kg  Farina Manitoba 400-420 W
250 + (32)*  gr. di Sugna
400 +(50)*   di Zucchero
7-10  Uova 
250 Gr. di Lievito Madre
1 Bicchiere  Tra Strega, Anice e Rum
4 Bustine Vanillina
Skorze di  Limoni.
1  cucchiaini di Sale 
1 bicchiere di acqua tiepida
( )* quantità da non aggiungere nel caso in cui si usa il lievito di birra.

Procedimento
Primo impasto :
Ho rinfrescato il lievito madre 3 volte per due giorni consecutivi, dopodiche' ho fatto il primo impasto.In una ciotola ho sciolto 250 gr di lievito madre con 4 uova e un bicchiere di acqua tiepida. ho aggiunto poi 300 gr di farina.Ho coperto il tutto e messo a lievitare in un ambiente caldo a temperatura costante 23-28.
 Secondo impasto:
Dopo 6-8 ore 
In un recipiente abbastanza largo  ho disposto la restante  farina a cerchio, poi lo zucchero e in mezzo la sugna, le bustine di vaniglia e le scorze di limoni grattugiate.La prima operazione che ho eseguito  e’ stata quella di sciogliere il tris di liquori con la sugna, con lo zucchero e infine con la farina.Importante impastare per ultimo la farina, onde evitare che il liquore la bruci(vedi foto sopra).Finita questa operazione ho versato il primo impasto fatto in precedenza  con le  restanti uova battute dove ho aggiunto anche il sale.
A questo punto ho impastato energicamente l’impasto e ho cercato di renderlo elastico il più possibile.( se vedete che rimane  duro aggiungere altre uova). Finito l’impasto ho trasferito il tutto in un recipiente. Ora il fattore importante per la lievitazione della pigna e’ la temperatura che deve essere costante. Ho messo il recipiente in forno spento avvolto da una coperta, per mantenere la temperatura costante mi sono aiutato con uno scalda collo per cervicale (oppure bottiglie di plastica riempite di  acqua calda)  che ho poggiato vicino alla chiusura del forno che e’ rimasto socchiuso. 
Il tempo di lievitazione per questo lievitato e' di 24-48 ore fino a 72 ore. Trascorso questo tempo se la pigna (casatiello dolce) non ha dato segni di vita, inutile aspettare che lievita perchè e' praticamente impossibile che lo faccia trascorso il tempo delle 72 ore. 
Ma tranquilli seguendo passo passo questo post, con gli ingredienti indicati, trascorso il tempo indicato riuscirete a trasferire  il tutto in uno stampo che ungerete  con la sugna. Lo stampo deve essere   alto circa 20-25 cm e l’impasto non deve superare la metà dello stampo. Fate trascorrere altre 2 ore prima di infornare e cuocete la pigna  (casatiello dolce) a 180° per 45 minuti e 160 per altri 45 minuti.
Cottura pigna nel forno a legna. Infornate le pigne a 220°, trascorso 10-15 minuti, coprite tutte le pigne con una carta bagnata per non farle bruciare sopra, lasciare cuocere per altri 90 minuti. 
La ricetta di famiglia non prevede la glassatura.
Allego una poesia dell’amico Franco Russo proprio su questo dolce e che sintetizza la storia appassionata  che c’e’ dietro questo dolce, sono fortunato ad aver visto mia nonna che raccoglieva le uova 15 giorni prima da galline home made!!!!!
Sarà quello il segreto??????
‘A PIGNA 
Cient’ova che acchiuppate chianu chiano,
s’astipano nu mese primm’ancora,
se metteno ‘nt’o cesto cu’ na mano,
accorta comm’a guardia fa ogn’ora.
Nisciuno n’o ssapeva e allera, allera
‘a femmena, padrona ‘e chella ‘ntesa
s’appreparava ‘a  tiempo ‘e quann ‘a sera,
‘o criscito  ‘mpastava pe’ l’impresa.
Che facile nun era e tutt ‘o sanno,
a ffa ‘na pigna roce e sapurita,
a Pasqua sulo, p’e ‘na vota all’anno,
‘na devozione semp assai sentita.
‘O ddoce fatt’in casa nun ce steva,
int’a chelle spicialmente ‘e puvurielle,
c’o core e po’ cu a mano  c’o ddunava,
pe’ primm se penzava ‘e guagliuncielle.
Ma sulo  ropp c’o prèvete veneva,
cu’ ll’acqua a benericere int’e ccase,
n’assaggio ‘e criature po’ c’asceva,
accuminciann’a primma ‘e chelle spase.
Era ‘na scusa e se capeva ropp,
ricevano c’o serpe ce durmeva,
pe’ ‘e ffà parè cchiù belle ‘a sta llà ‘ncopp,
cu ‘a spas ‘e riavulille e gghianche r’ova.
Po’ o pate cu’a preghiera abbenerice,
tutt’a famiglia assieme llà riunita,
a nnomm’e Dio, se mangia , primm dice,
ce penza Isso mò e pe tutt’a vita.
LA PIGNA(traduzione)
Cento uova che raccolte piano, piano,
si conservano per un mese prima ancora,
si mettono nel cesto con una mano,
accorta come la guardia fa ad ogni ora.
Nessono lo sapeva e allegra, allegra,
la donna, padrona di quell’ambiente,
si prepara per tempo e, quando di sera,
calava la farina nell’impasto per l’impresa.
Che facile non era e tutti lo sanno,
per fare una pigna dolce e saporita,
a Pasqua solo, per una volta all’anno, 
una devozione sempre, assai sentita.
Il dolce fatto in casa non c’era,
in quelle specialmente dei poverelli,
col cuore e poi con una mano lo donava,
pensando per prima ai ragazzini.
Ma soltanto dopo che veniva il prete,
con l’acqua santa a benedire le case,
un assaggio  a quei piccoli poi c’usciva,
Incominciando la prima di quelle allineate.
Era una scusa e si capiva col tempo,
no che dentro (le pigne) s’annidava una serpe,
per farle sembrare più belle spase lì sopra,
farcite a confettini e bianco d’uova.
Poi il padre con una preghiera benedice,
tutta la famiglia insieme là riunita,
nel nome di Dio, si mangia, prima dice,
ci pensa Lui ora e per tutta la vita. 


                                                                                                                                                                                            Franco RUSSO 
Buona Pasqua 

Pastiera rustica di riso e grano.

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Il ritorno della Primavera porta i primi tepori che, oltre ad essere benevoli per la natura, inevitabilmente, reca anche benefici all’animo umano, creando le giuste atmosfere necessarie al prosieguo dell’anno.Da sempre i fedeli cristiani, gia vivendo il periodo quaresimale, sono stati consapevoli che il culmine della Pasqua coincidesse con il conseguente risorgere della natura, parallelo all’autentica Risurrezione del Re della Vita. Tale evento principe diventa anche occasione di festa, celebrata non solo per lo spirito, ma anche consentendosi possibilità di meglio imbandire le tavole più povere.
Se dalla terra l’uomo attingeva quanto era utile al proprio nutrimento, con le esperienze maturate nel tempo e con la giusta fantasia diventava artefice di varianti gastronomiche diverse da quelle della grama quotidianità, permettendosele appunto in occasione delle festività più importanti.
Il grano, frutto per eccellenza della terra, nell’essere considerato vero dono di Dio, veniva dunque utilizzato come ingrediente base dell’alimentazione, sotto ogni forma possibile, perché era divenuta palese la dinamica biologica del suo iter produttivo: morte del seme per una crescita destinata a riformarsi nuovamente come chicco. Tale processo viene riconosciuto similare alla Risurrezione del Cristo, tanto che, quale forma di gratitudine della creatura verso il Creatore, viene introdotto l’uso integrale di quel frutto anche nelle forme alimentari celebrative. Può darsi che l’evoluzione dei tempi abbia apportato anche varianti nelle modalità originali, ma, in questo territorio, tutt’oggi viene proposta una portata definita, non a torto “prelibatezza dei poveri” proprio perché sono presenti ingredienti facilmente reperibili nel contesto contadino (grano, farine, formaggi, carne suina da allevamento familiare, olio).
E la tradizione, come si usa dire dalle nostre parti, diventa “devozione” proprio per il riportarla nella sua originalità come tramandata dagli avi antichi. 
Una storia di vita e di morte, evoluzione antica che si perde nella notte dei tempi.  Dal duro lavoro semplice ed artigianale di un tempo a quello tecnologicamente avanzato dell’era moderna. Non cambia, tuttavia, il processo naturale della storia del grano. Semplicemente indispensabile.
LA PASTIERA RUSTICA DI GRANO
Prima di arrivare all’elenco degli ingredienti, sottolineo che il sottoscritto, per tener fede a tale tradizione, ha usato il GRANO nella sua integralità, nel modo seguente. Il quantitativo necessario è stato messo a bagno già due giorni prima della cottura. Nelle epoche passate tale procedimento  prevedeva la sua battitura in quel recipiente (secchio cilindrico metallico o di legno) mediante un bastone apposito che fungeva da pestello. Tale azione di battitura faceva staccare l’involucro esterno (crusca) dal resto del chicco e dopo l’eliminazione dei residui e la lavatura, veniva portato a cottura. Personalmente questa modalità non l’ho eseguita perché ho ritenuto di cuocere il grano nella sua natura integrale, per ottenerne una consistenza di genuinità ed i benefici dei valori nutrizionali.
Ingredienti:
500gr Grano (peso dopo la cottura)
700gr Riso Originario
200gr Pancetta di cinta senese
Pecorino(a piacere )
Olio Extra Vergine di Oliva 
Sale
Sugna
Pepe
Per la Colla
Acqua
Farina 00
Pecorino
Pepe
Sale
Procedimento:
Ricordo che questo piatto veniva eseguito in più fasi, il giorno prima si cucinava il grano in acqua salata (perche’ il grano lo utilizzavamo solo per questa pastiera )e poi si passava alla lessatura del riso, facendo attenzione che per fine cottura rimanesse asciutto.Grano messo  a bagno per due giorni prima della cottura in un coccio per un ora e 1/2, con aggiunta di sale.Il giorno successivo poi si procedeva a soffriggere in una pentola aglio e olio, aggiungendo poi la pancetta e facendola rosolare.In un grosso recipiente poi si mischiava riso, grano, pancetta,pecorino, Olio Extra Vergine di Oliva , pepe e se il tutto risultava troppo duro si aggiungeva un pò di acqua   per fare amalgamare il tutto.
La Pastella o "Colla", come la chiamava nonna , sta a dimostrare la povertà e la prelibatezza degli ingredienti. In una ciotola si amalgamano acqua, farina, pecorino e pepe creando un impasto cremoso.Si mette sotto il fondo e nei bordi di una teglia di ceramica la sugna con un fazzoletto di carta, poi si versa un po di pastella e con un movimento circolare della teglia la si fa attaccare anche nei bordi. Si versa il composto preparato in precedenza e si ricopre il tutto con il resto della pastella.Sulla pastella poi vanno messe delle gocce di sugna per dare piu' sapore.
a questa ricetta è stata abbinata una poesia dall'amico Franco Russo.Il  grano, cereale indispensabile per l'essere umano.
Spighe di Grano 
SPIGHE DORATE
Una storia di vita e di morte, evoluzione antica che si perde nella notte dei tempi.  Dal duro lavoro semplice ed artigianale di un tempo a quello tecnologicamente avanzato dell’era moderna. Non cambia, tuttavia, il processo naturale della storia del grano. Semplicemente indispensabile.

Lance appuntite di spighe dorate,
campi trafitti da raggi di sole,
il vomere ardito di mani sudate,
le tracce rammenta la storia e la mole.
E poi il vento che soffia lontano,
a scuoterle bionde, un’onda che pare
toccare l’azzurro cercato con mano,
stesa sugli occhi tesi a guardare.
Un’avventura che parla di morte,
di un chicco lanciato senza clamore,
coperto da un manto sfidando la sorte,
benigna od avara secondo l’umore.
Con avide mani affondi le dita,
nel sacco ripieno d’amati bei frutti,
miriade assieme e pronti a dar vita
al cibo sperato, bramato da tutti.
                                                           Franco Russo

Pastiera Napoletana

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E' fatta solo con ricotta di pecora. Le tradizioni e i riti della Pasqua sono molteplici e variano da paese a paese. Il grano, simbolo di rinascita, primeggia in molteplici ricette della tradizione Campana. La pastiera dolce di grano  rimane il dolce Pasquale più richiesto e consumato dalla stragrande maggioranza degli Italiani. La pastiera dolce napoletana è importato e diffuso in tutto il territorio campano. Gli ingredienti sono gli stessi da località a località ma cambia qualche modalità di esecuzione, dovute anche dall'influenza dei prodotti del territorio. Causa la forte produzione di latticini a base di latte di bufala, nel territorio di terra di lavoro c'e la bruttissima usanza di usare la ricotta di bufala o vaccina nella pastiera dolce di grano. Addirittura i produttori e i rappresentati di prodotti bufalini, hanno incitato sui social, l'uso della ricotta di bufala a discapito di quella di pecora, perchè secondo loro più buona. Eresia naturalmente,  la ricotta di pecora viene usata nella stragrande maggioranza dei dolci. Con il 10% di grassi rispetto a quella di mucca, è logicamente più saporita. Invece l'aggiunta del liquore Strega di Benevento è una nota positiva per un aroma particolare e delicato.
     Ingredienti:
700 g ricotta di pecora 
400 g di grano cotto 
600 g di zucchero 
1 limone
cedro candito 
arancia candita 
zucca candita 
100 g di latte 
30 g di strutto 
5 uove intere  + 2 tuorli 
una bustina di vaniglia 
un cucchiaio di acqua di fiori d'arancio 
liquore strega 
Ingredienti per la pasta frolla:
3 Uova Intere
500 gr di Farina
200 di Zucchero
200 di Strutto
Buccia Grattugiata di ½ Limone
1 Bustina di Vaniglia
Procedimento: 
Il Grano: 
Se si utilizza il grano crudo, esso va tenuto in ammollo per 4 giorni, cambiando l'acqua ogni 12 ore.Al quarto giorno sgocciolarlo e metterlo in una casseruola coprendolo con abbondante  acqua , (per 800 g di grano occorrono all'incirca 4 litri di acqua ), sale e un cucchiaio di sugna.Si inizia la cottura a fuoco lento per circa 4 ore 1/2 circa. Il chicco deve aprirsi e rilasciare la farina facendo diventare il tutto come una crema. Se si asciuga troppo aggiungere altra acqua bollente. Questa operazione come ho detto sopra viene fatto il giorno prima e il peso finale del grano e' di circa 2 kg.
Con la frolla rimasta ricavare le striscioline che ho disposto sulla pastiera, formando la classica grata.
Ho infornato  la pastiera dolce di tagliatelle a 180° per un' ora lasciandola raffreddare prima di sfornarla.
Per la pasta frolla
Ho disposto su un tavolo la farina e lo zucchero a fontana e al centro ho messo lo strutto, i tuorli d’uovo , la buccia grattugiata di ½ limone e la bustina di vaniglia. Con la forchetta ho sbattuto le uova a centro della fontana incorporando poco per volta gli altri ingredienti(farina, burro,zucchero)Amalgamato il tutto ho lavorato la pasta velocemente, pressandola finche’  non avesse lo stesso colore. La pasta frolla non va nè impastata nè lavorata troppo, per non farle perdere la friabilità.Ho fatto riposare la pasta frolla per ½ ora in frigo coperta con la pellicola trasparente.
Per la Pastiera
Se si dispone della ricotta di pecora fresca,  è consigliabile tenerla in frigo per 24 ore, adagiata su un piatto per permettere di rilasciare il siero residuo. Trascorso il tempo ho setacciato la ricotta è l'ho amalgamata con lo zucchero, 24 ore prima della preparazione della pastiera.
Ho versato in una pentola il grano cotto, la sugna , il latte e la scorza grattugiata di 1 limone;  ho lasciato cuocere per 7-10 minuti mescolando di continuo finchè la consistenza non diventi quella di una crema. 
Una volta fatto raffreddare il composto ho amalgamato la ricotta precedentemente setacciata e zuccherata con i sette tuorli, 5 albumi montati a neve, la vaniglia, acqua di fiori d'arancio, i canditi e la strega.                  
Ho tolto la pasta frolla dal frigo e ho disteso l'impasto con un mattarello  allo spessore di circa 5 mm. Ho foderato la teglia per pastiera con la pasta frolla precedentemente insugnata. Ho versato il composto di ricotta nella teglia a mezzo bordo, perchè in fase di cottura si gonfia, ho ripiegato verso l'interno i bordi della pasta e ho decorato con strisce di frolla formando una grata che ho poi pennellato con del tuorlo sbattuto. Ho cotto la pastiera nel forno casalingo a 180° statico per circa un ora e finchè la pastiera non avrà preso un colore ambrato, una volta raffreddata ho spolverizzato lo zucchero a velo.                                                    La pastiera va mangiata il giorno dopo, per tradizione viene preparata il giovedì o il venerdì per essere gustata nella giornata di Pasqua.                                                                 

Pastiera dolce di tagliatelle tagliariell

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La pastiera dolce con le tagliatelle "tagliariell"è un piatto che mi riporta indietro nel tempo. Mi proietta a quegli indimenticabili anni '90, ovvero il passaggio di consegna tra la generazione nata  a cavallo della I guerra mondiale e noi ragazzi che abbiamo  avuto una giovinezza e una vita abbastanza facile.Anni ricchi, pieni di emozioni e valori che si rispettavano senza sindacare, racconti di lotte che ci aiutano a capire i grandi sacrifici dei nostri predecessori e di conquiste fatte anche  con il sangue.Noi abbiamo beneficiato di questa libertà e democrazia , ma oggi invece c'è una forma di lassismo che mi spaventa tanto!
All'avvicinarsi della Pasqua , ogni anno le tradizioni culinarie andavano consumate, e ricordo che di pastiere ve ne erano di diversi tipi: la dolce classica tipo napoletana, la rustica che ho raccontato in questo post  e quella dolce con la variante le tagliatelle o" e tagliariell".Guai se quest'ultima a Pasqua non veniva fatta.
Mi sono sempre domandato il perchè di questa pastiera dolce con i tagliariell???
Che cosa c'entrano le tagliatelle in questa preparazione????
Unica spiegazione che mi sono dato è che vista la scarsità degli ingredienti , e siccome in quel tempo le famiglie erano numerose , si aumentava la farcitura della pastiera aggiungendo le tagliatelle.Ecco a voi la ricetta:
Ingredienti:
1 mestolo di riso
1 mestolo di grano
2 mestoli crema pasticcera
tagliatelle (200g di farina 2 uova)
5 uova
1/2 litro di latte intero
3 buste di vanillina
3 limoni grattugiati
1/2 bicchiere di Rum
1/2 bicchiere di strega
1/2 bicchiere di anice
cedro
crema pasticcera
2 cucchiai di sugna
sale
Ingredienti per la pasta frolla:
3 Uova Intere
500 gr di Farina
200 di Zucchero
200 di Strutto
Buccia Grattugiata di ½ Limone
1 Bustina di Vaniglia
Crema Pasticcera
4 uova (solo i tuorli)
500 ml di latte 4 cucchiai di zucchero
3 cucchiai di farina 
1 limone
La pasta frolla, le tagliatelle , il riso e il grano vengono di solito preparati in momenti diversi, perchè con questi ingredienti si preparano anche altre ricette pasquali

Procedimento:
Per la pasta frolla
Ho disposto su un tavolo la farina e lo zucchero a fontana e al centro ho messo lo strutto, i tuorli d’uovo , la buccia grattugiata di ½ limone e la bustina di vaniglia. Con la forchetta ho sbattuto le uova a centro della fontana incorporando poco per volta gli altri ingredienti(farina, burro,zucchero)Amalgamato il tutto ho lavorato la pasta velocemente, pressandola finche’  non avesse lo stesso colore. La pasta frolla non va nè impastata nè lavorata troppo, per non farle perdere la friabilità.Ho fatto riposare la pasta frolla per ½ ora in frigo coperta con la pellicola trasparente.
Per le tagliatelle: 
Ho disposto su un tavolo la farina  a fontana , poi con un movimento rotatorio ho impastato le uova con la farina del  bordo interno della fontana e finche' non si sia assorbita tutta .Ho lavorato la pasta finchè non risulta liscia, l'ho avvolta in una pellicola trasparente e l'ho lasciata riposare in frigo per 20-30 minuti.Trascorso il tempo ho steso la pasta con il mattarello spolverando di farina al centro della pasta, quando essa  viene girata con il mattarello.Lasciar riposare la sfoglia per 30 minuti e tagliare le tagliatelle.
Crema Pasticcera
In una ciotola ho rotto  le uova usando solo i tuorli,  li ho sbattuti con una frustra  a mano insieme con lo zucchero.Ottenuto un composto omogeneo, ho inserito pian piano  la farina mescolando  continuamente. Poi ho versato a filo  il latte a temperatura ambiente mescolando bene. Quando il composto risulta  liscio,ho inserite la buccia del limone.Ho versato il tutto in una pentola e ho cotto la crema a  fuoco lento, mescolandola continuamente  fin quando non diventerà un pò più densa.La crema non deve bollire.
Il Grano:
Se si utilizza il grano crudo, esso va tenuto in ammollo per 4 giorni, cambiando l'acqua ogni 12 ore.Al quarto giorno sgocciolarlo e metterlo in una casseruola coprendolo con abbondante  acqua , (per 800 g di grano occorrono all'incirca 4 litri di acqua ),sale e un cucchiaio di sugna.Si inizia la cottura a fuoco lento per circa 4 ore 1/2 circa. Il chicco deve aprirsi e rilasciare la farina facendo diventare il tutto come una crema. Se si asciuga troppo aggiungere altra acqua bollente. Questa operazione come ho detto sopra viene fatto il giorno prima e il peso finale del grano e' di circa 2 kg.
Procedimento Pastiera dolce di tagliatelle 
Fatta questa premessa sugli ingredienti, ho fatto cuocere le tagliatelle in abbondante  acqua , scolandole al dente e lasciandole umide.Ho unito ad esse la sugna e le  ho amalgamate trasferendole in un recipiente dove ho aggiunto 400 ml di latte che ho portato a bollore in precedenza.
Ho portato a bollore gli altri 100 ml di latte dove ho fatto insaporire il mestolo di grano per 3-4 minuti.Ho sbattuto le uova con lo zucchero , i tre liquori , i canditi, la vanillina,crema pasticcera,le scorze di tre limoni grattugiati.Al composto ho aggiunto le tagliatelle( amalgamate con il latte e lo strutto in precedenza), il grano, il riso e la crema pasticcera amalgamando il tutto.
Ho steso la pasta frolla con il mattarello e ho foderato l'interno di una teglia tipico per pastiera, unto con strutto e infarinato.Mescolare di nuovo il composto e versarlo nel ruoto .  
Con la frolla rimasta ricavare le striscioline che ho disposto sulla pastiera, formando la classica grata.
Ho infornato  la pastiera dolce di tagliatelle a 180° per un' ora lasciandola raffreddare prima di sfornarla.

Tortano con lievito madre

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A Pasqua, sulle nostre tavole non può mancare il tortano, torta rustica della tradizione culinaria campana. Non esiste una ricetta standard, non troverete mai una ricetta uguale all'altra, perchè ogni famiglia ha la sua, cambiano  le qualità dei salumi e dei formaggi che variano tra i diversi paesi della regione. In famiglia per la preparazione di questa torta rustica usiamo esclusivamente ingredienti casarecci, come la salsiccia a punta di coltello stagionata in casa, la soppressata, le cicole di maiale (che derivano dalla spremitura del grasso di maiale dal quale si ottiene anche la sugna"‘nzogna") e formaggi di prima qualità; come il caciocavallo nostrano e del formaggio di pecora ben stagionato.

Anche in altri periodi preparo il tortano, ma a pasqua ho l’usanza di mettere l’uovo intero.L’uovo rappresenta il simbolo della pasqua e della vita, quindi della resurrezione del Cristo. La sua forma priva di spigoli e quindi senza principio e fine è sempre stato considerato l’origine della vita, simbolo della vita che nasce.
Io considero le uova insieme al pane un alimento sacro e la campagna di sensibilizzazione nel mio piccolo nucleo familiare sta funzionando anche con  questi gesti semplice e diversi. Ecco perché delle uova intere e sode. Il tortano secondo i nostri avi e’ una torta uscita male o appezzottata , non importa, a noi piace proprio così.

 Ingredienti per la pasta: 
300 g. farina manitoba
300 gr. di farina 00
150 g. lievito madre rinforzato 2 volte
75 gr. sugna
poco  sale
pepe a piacere
per il ripieno: 
400 gr. tra caciocavallo stagionato e pecorino
400 gr. tra salsiccia stagionata home made e soppressata stagionata home made
9 uova sode(quantità di uova che viene ridotta a circa 1/3 se si decidono di non metterle intere)
150 gr. cicole di maiale
Sale
 pepe 
Procedimento :
In una zuppiera di vetro ho sciolto il lievito madre con acqua a temperatura ambiente, ho setacciato le farine e ho aggiunto lo la sugna, il pepe e il sale. Ho mescolato il tutto fino ad ottenere una pasta morbida che ho lavorato poi su un piano di legno con forza per circa 20 minuti. Ho fatto lievitare l’impasto nella zuppiera di vetro, incelofanata e messa in frigo per 15 ore circa. Prima di stendere la pasta ho cotto le uova e ho tagliate tutti i formaggi e il salami a dadini. Due ore prima della cottura del tortano l’ho tirata fuori la pasta  dal frigo e l’ho spesa. Ho disposto in fila tutti gli ingredienti su tutta la superficie, uniformemente e ho arrotolato con delicatezza la pasta.
Ho unto di sugna il ruoto ( stampo largo come quello del babà)e ci ho disposto il rotolo di pasta a ciambella, unendo e sigillando bene le due estremità. L’ho coperto con un panno e messo a lievitare per altre tre ore.Trascorso il tempo per la fine della lievitazione, l’ho infornato a forno riscaldato a 160° per i primi 10 minuti poi a 190 per i restanti 50 minuti. 
 Una fetta spessa di tortano con quella quantità di uova sostituisce un pasto. Buon appetito

Minestra Maritata di Pasqua

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La minestra maritata di Pasqua è uno dei piatti più gustosi di sempre,el dare, ora, un cenno sull’origine della pietanza proposta, non tragga in inganno la definizione gastronomica su nominata, che altrove ha tutt’altro significato. Nel casertano il termine “menesta” esplicita un tipo di verdura a larga diffusione meridionale, meglio conosciuta come “broccolo nero”, ma questa, nello specifico, è riferita ad una varietà denominata “spuntarella”, posseduta da tutti i possessori di piccoli appezzamenti di terreno coltivati ad ortaggi per la propria famiglia e…per qualche amico. Questa verdura è sorella al “vruoccolo” (broccolo nero) del periodo natalizio; se ne differisce perché dalla pianta, posta a dimora in autunno,  si spuntano solo le cimette spigate che di volta in volta maturano come tali, da qui “spuntarella” ed ha un’efficacia produttiva solo primaverile, sempre che si provveda ad una regolare annaffiatura; viceversa tende ad indurirsi per la caluria in aumento. La specialità gastronomica, suppongo tragga origine dal connubio di tale verdura con elementi di origine animale (uova, formaggi, carni di maiale fresca o di salamoia). In molte famiglie è categoricamente consumata il giorno di Pasqua in compagnia del pane a forma di croce di cui è stato cenno in altra argomentazione sulla gastronomia tipica di tale periodo ed assume valore devozionale di circostanza. Molti altri la consumano, invece, il giorno di Pasquetta, durante le scampagnate fuori porta tipiche della giornata, a diretto contatto con la natura, madre di quella produzione, e animale che vegetale.
Ingredienti
 Menestra Broccoli Neri
Cicoria
 Uova
 Pecorino
Bucce di Parmigiano
Tutte le parti del maiale  con prevalenza la Testa
 Orecchio
Muso
La tradizionale Annoglia
 Salsiccia di maiale fresca
 Salsiccia di Polmone
Sale
Non ho inserito le quantità altrimenti qualcuno potrebbe spaventarsi.
Procedimento
Lavate  tutte le Verdure e selezionare  tutte le parti del maiale.Mettere abbondante acqua in una pentola;portate ad ebollizione e fate bollire una prima volta tutte le parti del maiale sotto sale.Ripetere quest'operazione almeno tre volte per evitare  che la minestra risulta troppo grassa .Alla quarta bollitura, togliere tutte le parti del maiale dall'acqua della bollitura e nella stessa cuocere la minestra e le cicorie.Lasciate che il tutto cuocia lentamente e che buona parte del brodo sia assorbito dalle verdure la minestra deve essere comunque brodosa, assaggiare e salare il tutto. Da parte battere con il pepe e il pecorino .Prima di servire la minestra unitevi le uova battute ed amalgamate il tutto girando accuratamente. Servite ben Calda .Prima di servire la minestra unitevi le uova battute con pepe e pecorino, aggiungendo anche pezzettini di formaggio di pecora,  amalgamate il tutto girando accuratamente. Servite ben Calda .

Pizzeria Haccademia di Aniello Falanga, Terzigno (NA)

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Le scuole di pensiero sul mondo pizza, la moda di personalizzare un'istituzione, sono tante... con questi nuovi post sulle pizze e pizzerie non diamo giudizi, ma facciamo parlare le foto.
Pizzeria : Haccademia di Aniello Falanga 
Via Panoramica, 8, 80040 Terzigno NA
Tel. 333.1163095
Aperto sempre
Chiuso mai
Tipo di Pizza: Napoletana  
Cornicione : Regolare Napoletano, ben lievitato (alveolato)
Farine
con Forza Regolare
Giovedì e Venerdì: Pizze con grani Antichi provenienti dal Beneventano
 Pizza al ruoto ai tre pomodori: San Marzano, pomodorino del piennolo e pomodoro giallo del vesuvio, olive caiazzane.

 Pizza Margherita del Vesuvio : Fiordilatte di Agerola, pomodorino del piennolo, basilico e grattuggiata di provolone del monaco dop.

 Calzone classico fritto Napoletano.
 Paolo e Aniello Falanga.
Post in aggiornamento.

Ravioli di baccalà e patate con salsa Nocciolese, ricotta e balsamico

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Dal momento che viene diramata la ricetta è un continuo pensare. L'abbino con questo, ... no forse è troppo trasgressivo,  allora con quest'altro......., no troppo scontato....... ,l'Mtchallange, ti tiene un intero mese impegnato a pensare e cercare di creare l' abbinamento perfetto almeno per il mio palato. Cercare sempre la perfezione , migliorarsi , condividere, imparare; l'Mtchallenge ha inculcato questa mentalità che è sempre vincente sopratutto nella vita. La ricetta della sfida n°52 dell' MtchallengeL'Mtchallange è il  Raviolo "co-o tuccu".... (raviolo alla genovese) presentata da  Monica e Luca del blog Fotocibiamo. Caratteristca di questa uscita è  la cottura lenta 
Manca poco al Natale, e l'idea è stata quella di abbinare varie tradizioni in un unico piatto. Il baccalà (e patate), pilastro della cucina contadina, racchiuso nel raviolo, e condito con un  mix di frutta secca a base di nocciola.
La nocciola nella tradizione contadina dell'area di produzione campana, viene impiegata per condire il piatto della vigilia di Natale "Spaghetti alla Nocciolese". Il raviolo è Stato appoggiato sulla ricotta a forma di raviolo, prodotta in un caseificio Parmigiano Reggiano, e finita con dell' aceto balsamico invecchiato 30 anni, acquistati in uno dei viaggi nel modenese.
Ingredienti:
160 g farina debole
80 g farina di semola
1 uovo 
Acqua qb (circa 60 ml)
sale (un pizzico)
Ripieno
250 g baccalà ammollato
200 g di patate
1 bicchiere e 1/2 di acqua
olio extra vergine di oliva 
pepe
Sale
Condimento 
150 nocciole
5 noci
 20 pinoli
7 g uva passa 
oolio extra vergine di oliva
1 spicchio di aglio 
sale
aceto balsamico 
250 g di ricotta di mucca 
Procedimento:
Sulla spianatoia ho fatto la fontana con la farina, al centro ho aggiunto l'uovo, un pizzico di sale ed ho iniziato a impastare. Man mano che impastavo  ho aggiunto  l’acqua fino ad ottenere una pasta liscia ed omogenea, ho aggiunto poca acqua alla volta facendola ben assorbire prima di aggiungerne altra. Ho lasciato l’impasto riposare sulla spianatoia coperto a campana con una ciotola per almeno mezz’ora prima di stenderlo per fare i ravioli.
Nel frattempo ho preparato il ripieno per i ravioli. In un tegame capace ho fatto soffriggere appena l'aglio, ho aggiunto le patate tagliate a fungetto, e le ho fatte insaporie nell'olio extra vergine di oliva per circa un minuto a fuoco lento. Ho aggiunto il baccalà e un bicchiere e mezzo di acqua. Ho lasciato cuocere a fiamma bassa per circa 60 minuti aggiustando di sale. A cottura ultimata ho aggiunto poco pepe, ho tolto le lische del baccalà e con una forchetta ho schiacciato il tutto, patate e baccalà; con un cucchiaio ho amalgameto gli stessi.
Ho ripreso l’impasto lasciato riposare e ne ho tagliatene un pezzetto. Ho iniziato a stenderlo con la sfogliatrice fino ad arrivare al penultimo passo, quindi l’ho posata sul piano di lavoro, ho messo il ripieno e ho coperto con la seconda sfoglia, ho premuto bene sui bordi per saldare la pasta ed ho tagliato i ravioli con lo stampo dentellata.
Dopo aver composto tutti i ravioli sono passato a preparare il composto di nocciole per il condimento. Prima di procedere ho sminuzzato tutta la frutta secca, fatta eccezioni per i pinoli, con un coltellino. In una padella capiente ho messo l'olio extra vergine di oliva, le nocciole, l'uva passa, il pepe, le noci, i pinoli e lo spicchio d'aglio schiacciato.Ho fatto soffriggere fino a doratura delle nocciole.
  • Ho tagliato la ricotta a fette quadrate con uno spessore di 0,5 mm; con lo stampo che ho fatto i ravioli e ho ricavato dei dischi di ricotta uguali ai ravioli di baccalà' e patate.
  •  Ho cotto i ravioli in abbondante acqua salata per 5-6 minuti, l'ho scolati e conditi con il preparato di frutta secca. Ho impiattato i ravioli predisponendoli sul disco di ricotta guarnendo il tutto con aceto balsamico di 30 anni.
Con questa ricetta partecipo alla sfida n° 52 dell 'Mtchallenge.

Scialatielli con totani cotti nell'acqua delle cozze e datterino giallo

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.... è da molto tempo che non scrivo sul blog, limitandomi a ripubblicare i piatti della tradizione o qualche nuovo post di cronaca del mondo cibo. Terminati gli stimoli ? Assolutamente no ! Il discorso e' molto più ampio, non sono abituato a vivere in schemi precisi, a concetti preincartati e limitazioni varie. Ho migliaia di foto con post in sospeso, ma lo schema delle ricette con tanto di peso degli ingredienti l'ho sempre visto come una forzatura. Ma secondo voi tutte le casalinghe italiane o gli appassionati di cucina pesano gli ingredienti? Naturalmente no, il peso è sempre approssimativo. Questa ricetta la scrivo senza tanti schemi o procediemti particolare anche perchè il concetto di cucina è tutto incentrato sulla semplicità.
Quattrocento grammi di scialatielli li ho presi da Antonietta Golino titolare dell'omonimo Pastificio, poi in pescheria ho preso 4 totanetti medi e una chilata di cozze. Quante volte ti sarà capitato di non avere aglio a casa, indubbiamente una cosa gravissima, l'aglio come priorità da avere sempre in dispensa equivale ad una tachipirina. Il soffritto va fatto e questa volta ho safricato uno scalogno intero, messo lì in mezzo alla pentola a ballare. Ho accellerato sotto il fuoco e ho aggiunto i 4 totanetti che ho fatto soffriggere per 4-5 minuti, sempre a tutto gas. Il totano mi piace stracotto, la cottura prolungata lo rende unico. Ho aggiunto a questo punto una buatta di vetro di datterino giallo, quelli buoni, perchè ultimamente stanno buttando nelle mischia sòle e cioè i pomodori gialli in buatta di ferro, skifosissimi, e l'acqua delle cozze che ho aperte in precedenza. 

Ho lasciato asciugare quasi il tutto e ho spento senza aggiungere sale, perchè con la sapidità delle cozze bastava e avanzava. In acqua bollente salata ho calato gli scialatielli del Pastificio Golino. Tengo a dire che sor Antonietta ci tiene tantissimo alla qualità degli ingredienti, quindi usa il meglio delle farine in circolazione. L'ho lasciati sei sette minuti e poi l'ho fatti fare un giro nel condimento per altri due. Abbiamo già detto nei post precedenti che chi non fa riposare la pasta è un assassino, quindi quei due tre minuti di riposo ci stà tutto, un' altra girata e via. Si prende il piatto, al centro gli scialatielli, sui lati toti e cozze e infine spolverata di pepe macinato al momento e prezzemolo. Alt.... non si può ancora mangiare, si corre in terrazzo per la foto, cercando di fare in fretta in modo da non mangiare il piatto freddo..... Che fatica....la vita da blogger!!!

Anversa degli Abruzzi e la Cooperativa di comunità Anversiamo

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Borghi che non vogliono morire, anzi combattono per la sopravvivenza. Lo spopolamento delle zone interne dell'Abruzzo è un problema che mina l'identità di un popolo accentuatosi  ancor di più dopo il terremoto del 2000 all'Aquila. Negli ultimi anni sono 14 le cooperative di comunità costituite nella regione Abruzzo, un primato nazionale che fa sperare in una valorizzazione dei territori interni e  la frenata dall'emorragia dei giovani che emigrano sempre più nei grossi centri urbani. Confcooperative Abruzzo  ha messo in atto uno strumento per cercare di arginare questo fenomeno, la rete dei Borghi cooperativi "Borghin"che mette in rete appunto, le 14 cooperative di comunità nate nel territorio abruzzese. Il bellissimo tour organizzato da confcooperative dal 7 al 9 maggio ha toccato alcuni Borghi appartenenti alla rete  "Borghin" .
Un viaggio affascinante per scoprire e raccontare l'abruzzo interno, guidati dai soci delle cooperative di comunità che ci hanno accompagnato a scoprire paesaggi, ambiente, cibo, cultura e tradizioni dei borghi. Anversa degli Abruzzi  è stato il punto di ritrovo per tutti i partecipanti del Tour dove siamo stati accolti da Manuela Cozzi, socio della cooperativa di comunità Anversiamo, e dal Sindaco di Anversa. Dopo i saluti e le presentazioni, il primo cittadino ha voluto sottolineare l'importanza delle cooperative di comunità per contrastare lo spopolamento di queste aree. I cittadini che diventano impresa per i territorio e il comune che affiderà alcuni servizi alla neonata cooperativa Anversiamo. "Ad oggi le attività della cooperativa sono lo spazzamento delle strade comunali   e l'organizzazione di qualche evento, per i progetti futuri c'è in progetto il recupero di oliveti abbandonate e altre attività di gestione  di proprietà comunali." Il Sindaco teneva a precisare che l'obiettivo di queste comunità è quello di conservare borghi e ricchezze ambientali così come le abbiamo ereditate.
Il nostro viaggio continua con Manuela Cozzi tra le stradine di Anversa fino ad arrivare alle Gole del Sagittario, una  profonda vallata tra rupi calcaree scavato dal fiume Sagittario.  Riserva Regionale ricca di copiose acque sorgive cantate da D’Annunzio nella Fiaccola sotto il Moggio. Per questo motivo il Borgo è anche sede di un Parco Letterario, dedicato allo scrittore. Offre rifugio anche all’orso minacciato dalla frammentazione dei boschi in un area di 400 ettari. Un viaggio tra ambiente e antropologia; all'interno del parco è situato il Museo naturalistico  della RNR/Oasi WWF dove è custodito il simbolo di queste valli, il Fanciullo del Saggittario. I resti, sono stati trovati  trovati da una guardia del Wwf nell'Oasi delle Gole del Sagittario e inusualmente inglobati in una concrezione calcarea.
Aveva circa 8 anni d'età e probabilmente era di sesso maschile, stante le caratteristiche dell'Ileo, un osso del bacino. Il  “Fanciullo del Sagittario” fu seppellito in un arco temporale che va dal 469 al 599 d.c. sui monti  abruzzesitra le pareti calcaree delle selvagge Gole del Sagittario.

Tutto il panorama che si osserva da Anversa degli Abruzzi è di una bellezza indescrivibile, la vegetazione tutta in ordine, sembra disegnata dalla mano di un Essere Superiore. Qui in questo posto dopo poche ore, lo stress accumulato nelle città frenetiche e caotiche sembra scomparire in un istante. Ci spostiamo di pochi chilometri e andiamo a fare visita al Biograturismo la Porta dei Parchi della cooperativa ASCA. L’azienda nasce nel 1977 come scommessa di rivalutazione di un ambiente montano in via di totale spopolamento. L'azienda è composta dalla parte originaria agro-zootecnica con ovile (1500 capi) , caseificio, punto vendita diretto, fienile, magazzini,  uffici,  rimessa macchine ed attrezzi, (Coop. ASCA) e da quella propriamente agrituristica, didattica e sociale (Bioagriturismo che comprende punto ristoro, camere con bagno e appartamenti,  aula didattica. La cooperativa agricola è comunque socio fondatore della cooperativa di comunità Anversiamo. L’attività principale è la produzione di formaggio e l’allevamento.
Ospiti di questo fantastico bioagriturismo, abbiamo degustato per la cena prodotti dell'azienda, cucinati e prodotti con tanto amore. 

Fusilli fatti con grano saragolla con ragù di agnello o pesto di rucola, bistecca di pecora, agnello alla brace, purè fatto con patate vere, dolci con ricotta di pecora. Sapori antichi e autentici.
La cooperativa agricola produce il particolare  pecorino abruzzese lavorato con latte crudo e nel 2002 la ricotta di pecora aromatizzata ha vinto la medaglia d'oro all'olimpiade dei formaggi di montagna.
Il tour Qui da noi abbruzzo continua....

Nelle cooperative di Comunità di Corfinio e Fontecchio Tour Qui da Noi

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...dopo la tappa ad Anversa degli Abruzzi il tour è proseguito alla volta di Corfinio, un piccolo paese  di 1000 abitanti nella Valle Peligna. 
 Un paese piccolo ma con una grande Storia, infatti, più di duemila anni fa l’antica Corfinium fu eletta Capitale dei Popoli Italici nella Guerra Sociale contro Roma (91-89 a.C.). E proprio qui venne coniata la moneta della Lega Italica dove, per la prima volta, apparve il nome “ITALIA”, a identificare un’unione di popoli con una strategia politica comune. Arrivati nella piazza di Corfinio, veniamo accolti in Piazza Umberto I  da Tiziana Taucci, socio dirigente della cooperativa di Cominità "La Mosca Bianca". Tutti i componenti del gruppo Tour Qui da Noi Abruzzo sono rimasti incantati dalla Fontana di Gemma rivestita con quadretti di merletti fatti a uncinetto in ricordo delle vittime del terremoto dell'Aquila del 6 Aprile 2009.
Ogni famiglia di Corfinio ha fatto due o più quadretti per rivestire tutta la fontana, questo è il segno di una comunità che ha nel proprio Dna il senso della cooperazione. La Cooperativa di Comunità “La Mosca Bianca”è composta da un gruppo di cittadini che  ha deciso di impegnare forze e risorse per avviare questa nuova forma di gestione condivisa del patrimonio locale. Dopo una breve visita nella sede della cooperativa, ci siamo recati prima in una casa privata (Arte del Ricamo), dove una signora del luogo porta avanti la lavorazione del ricamo con metodi tradizionali, poi al Parco Archeologico "Don Antonio Colella" dove sono ben visibili diverse aree urbane e sub urbane dell'antica Corfinium.
Stiamo assistendo con questa visita a un nuovo modello di Turismo eco sostenibile: la comunità accoglie i turisti e li accompagna a visitare luoghi, tradizioni e storia del territorio con le dovute competenze. 

 Una socia della cooperativa di Comunità la Mosca Bianca, ci accompagna e ci lascia in consegna al bravissimo Alessandro Antonucci che, con grande passione e competenza, ci guida alla visita del Museo  Civico Archeologico dedicato alla memoria di Antonio De Niro, noto studioso dell'archeologia, della storia e dei costumi abruzzesi. Il museo custodisce una ricca collezione di reperti, frutto delle numerose campagne di scavi del XIX e XX secolo.
Il tour nella splendida Corfinio termina con il pranzo con piatti tipici offerti dalla Cooperativa di Comunità La Mosca BiancaTacconel e fagiuol, Frittata alle 5 erbe, (ortica,tarassaco,fiori di calendula, strigoli e borragine) Burro con fiori di calendula, Pane fritto conciato.
 ..la seconda tappa di giornata del tour ha toccato San Pio , frazione di 10 abitanti del comune di Fontecchio, ospiti della Cooperativa di Comunità  Le Fonti. Situato a 18,4 Onna epicenteo del terremoto dell'Aquila del 2009, ancora oggi porta i segni evidenti di quella tragedia. Accolti dal presidente della Cooperativa di Comunità , dopo le presentazioni e saluti ci ha illustrato il progetto della neonata Cooperativa di Comunità che parte dalla gestione di una  lavanderia gestita dai soci della cooperativa che potrebbe servire tutte le strutture ricettive e turistiche della zona, e dal turismo eco sostenibile. In questo piccolo borgo, che prima del terremoto contava 50 abitanti,  abbiamo incontrato due giovani che  hanno deciso di investire nel borgo con un attività Casa Vacanze (Alle Vecchie Querce)  ottenendo anche un buon riscontro. 
Sempre a San Pio abbiamo visitato il bellissimo convento le cui origini  risalgono ad epoche anteriori al 1138. Oggi, in questo bellissimo convento Francescano, è stato convertito in  Ristorante per grandi ricevimenti, Il Sirente, che prende il nome dall’omonimo massiccio appenninico.
La visita in questo meraviglioso luogo si conclude a Fontecchio, uno dei Borghi più belli d'Italia. Luogo ricco di storia, basti pensare che la Torre dell’Orologio, è un gioiello di rarità assoluta, l'orologio è con il quadrante a sei ore. Fino a poco tempo fa suonava 50 rintocchi, per ricordare le vittime dell’assedio spagnolo del 1648, oggi si è preferito tenere l’orologio al sicuro, evitando l’usura degli ingranaggi, preservandolo per le generazioni future.
Abbiamo terminato la visita con un rinfresco offerto dalla cooperativa di comunità, con  una chiacchierata  sulle diverse vedute del turismo lento.
Il tour è proseguito alla volta di Civitaretenga per l'evento "vi presento lo zafferano" coop. Altopiano di Navelli e relativa cena a base dell'oro di questi luoghi... ma lo zafferano dell'Aquila merita un post a parte...

Maltagliati Pesto e Cozze

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E' il tormentone dell'estate in cucina, questo piatto piace tanto alle mie bimbe che me lo farebbero fare ogni giorno.L'abbinamento con le cozze lo hanno fatto loro invece alla scomposizione e rivisitazione del pesto ci ho pensato io. I maltagliati invece e' opera di Tonia, quando si deve calare la pasta in acqua e sempre lei che sceglie il formato, molte volte non andiamo proprio d'accordo!!!!!!!!!
In questo piatto ho usato un pesto fatto in casa solo con olio extra vergine di oliva e basilico fresco.
Ingredienti:
(Olio Extra Vergine e Basilico)
350 gr di Maltagliati
700 gr di Cozze
1 bicchiere di plastica da caffè di Pesto 
1 Spicchio di aglio 
6 Pomodorini precedentemente bollentati e privati della buccia
Pinoli a piacere
Olio extra vergine di oliva
Sale
Procedimento:
In una pentola di alluminio ho fatto soffriggere a fuoco lentissimo l'aglio nell'olio extra vergine di oliva e, appena ha iniziato a rosolare, ho aggiunto i pomodorini sbollentati in precedenza e privati della buccia.Ho fatto cuocere per 3-4 minuti a fuoco lento.
Ho aggiunto in questo preparato le cozze che le ho fatto aprire  .Appena aperte le ho tolte dalla pentola e le ho messe da parte.L'acqua delle cozze l' ho fatta asciugare nell'olio extra vergine e pomodorini.Terminata la cottura ho aggiunto il pesto fresco.
In una pentola con abbondante acqua salata ho cotto i maltagliati , li ho scolati al dente e li ho saltati nella padella con il condimento .Gli ho dato due minuti di riposo e ho impiattato aggiungendo le cozze.Buon appetito

Alla scoperta dello Zafferano dell'Aquila D.o.p, Tour Qui da Noi Abruzzo

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L’ultimo post del tour presso le cooperative di comunità dell’Abruzzo è dedicato allo Zafferano D.o.p dell’Aquila, eccellenza conosciuta in tutto il Mondo.
… dalla casa vacanza Torre del Cornone, situata nell’angolo meridionale delle mure di Fontecchio, ci siamo recati a Bominaco ( 50 abitanti), frazione del comune di Caporciano in provincia dell’Aquila.
In questo bellissimo borgo medievale siamo stati accolti daDora e Daniele Cassiani due coniugi residenti che collaborano per mantenere forte e vive le attività di accoglienza in questo territorio. Guidati da loro abbiamo visitato laChiesa Abaziale di Santa Maria Assunta,  esempio di architettura romanica abruzzese e il bellissimo Oratorio di San Pellegrino, dove all’interno mostra affreschi integri di scuola abruzzese del XIII secolo che rappresentano: infanzia di Cristo, la Passione, il giudizio universale e episodi della vita di San Pellegrino. Mancano in questi affreschi, che sono la raffigurazione della Parola di Dio, l'ultima cena e la Resurrezione che vengono rappresentate ogni volta che si  celebra l'Eucaristica.
Terminata la visita ci siamo spostati alla volta di Civitaretenga, antico borgo di 200 abitanti  appartenente all'unica frazione di Navelli. Nell’Ostello del Convento di S. Antonio abbiamo partecipato all’evento  "vi presentolo zafferano" diretto dal presidente del consorzio di tutela dello zafferano D.o.p dell’Aquila Massimiliano D’Innocenzo. Al convegno era presente anche il presidente e il consiglio direttivo della "Cooperativa Altopiano di Navelli", la stessa che confeziona lo zafferano D.o.p nelle bustine per poi partire per tutto il mondo. La cooperativa è composta da 80 soci dislocati in tutta la zona di produzione dello zafferano dell’Aquila D.o.p, tutti i soci sono agricoltori e trasformatori del prodotto.  Il consorzio di tutela, per incentivare i giovani ed avvicinarli a questo tipo di agricoltura, da tre anni e in via sperimentale, dona a 10 giovani 50 kg di bulbi ogni anno, ottenendo un buon riscontro per l’adesione al consorzio di tutela. 
La lavorazione si divide in varie fasi: ad agosto i bulbi vengono prelevati dal primo terreno, vengono rimosse le tuniche esterne e i bulbi vengono selezionati in base alla grandezza. Dopo questa operazione vengono trapiantati nel secondo terreno. Ad ottobre avviene la raccolta: ogni giorno all’alba i fiori vengono prelevati uno ad uno e posti in ceste di vimini. Gli stimmi vengono separati dagli stami e dai petali del fiore.  Gli stimmi poi vengono messi su un setaccio e fatti seccare sulla brace.   
Lo zafferano arriva a Navelli grazie al monaco domenicano Santucci, il quale nel 1230 portò dalla Spagna alcuni bulbi di zafferano, ed ebbe il merito di introdurre per la prima volta in Italia la pregiata spezia. Lo Zafferano chiamato anche l’oro rosso per questi territori, rese l’Aquila un paese ricchissimo, basti pensare che nel libro mastro della parrocchia di Paganica, ci troviamo nel 600, lo zafferano era la moneta contante per le famiglie dell’epoca.  Sempre in quel territorio, nel 1890 si ebbe una produzione certificata di 770 kg. Oggi il consorzio certifica appena 20 kg di zafferano. La riduzione della produzione si ha negli anni dopo il dopoguerra: lo zafferano dell’Aquila non è più ricercato perché troppo costoso rispetto a quello che proveniva da altri paesi. Il  prezzo era  addirittura 10 volte inferiore e per questo motivo negli anni 60 i contadini iniziarono a distruggere i bulbi e a darli per pasto agli animali perché considerata non più redditizia.
Nel 1971 grazie a Silvio Salvatore Sarra, nacque la Cooperativa Altopiano di Navelli che riuscì a salvare la produzione e la presenza dello zafferano nel territorio aquilano.   Una lunga risalita fino al riconoscimento della D.o.p per lo zafferano dell’Aquila  da parte del Ministero delle Politiche Agricole  avvenuto il 4 Dicembre 2002. Il consorzio commercializza lo zafferano dell’Aquila D.o.p in polvere, mediante macinatura degli stimmi tostati o in filamenti, ovvero stimmi tostati integri. Il prodotto viene venduto in bustine di carta o vasetti di vetro, sono escluse le confezioni di plastica.
La zona di produzione dello “Zafferano dell’Aquila” comprende il territorio dei comuni di : Barisciano, Caporciano, Fagnano Alto, Fontecchio, L’Aquila, Molina Aterno, Navelli, Poggio Picenze, Prata d’Ansidonia, San Demetrio nei Vestini, S, Pio delle Camere, Tione degli Abruzzi, Villa S. Angelo. Nell’ambito dell’area la coltivazione dovrà essere praticata in quei terreni posti ad un altitudine compresa tra 350 e 100 metri s.l.m.
Dopo l’evento "vi presento lo zafferano", siamo rimasti nelConvento di S. Antonio  di Civitarevengadove abbiamo consumato la cenacon piatti a base di zafferano preparati da Dina Paoletti, socia della "Cooperativa Altopiano di Navelli"e titolare dell'agriturismo Casa Verde  dove si può degustare la cucina tipica locale con prodotti dell'azienda. 
Un antipasto con formaggi prodotti dal marito di Pina, tra cui un pecorino stagionato due anni, risotto allo zafferano, ravioloni di ricotta di pecora conditi con passata di pomodoro di  Civitarevenga, agnello locale, cicerchie e bignè allo zafferano.
...dopo questo fantastico tour mi sono convinto che il risotto alla zafferano è nato in questo luogo.
Se vi trovate in queste zone, potete alloggiare presso L'Ostello del Convento di S. Antonio cheè gestito dall’Associazione Pro – loco di Navelli. La struttura si compone di 7 stanze in grado di ospitare gruppi, famiglie, coppie o singoli, per un totale di 20 posti letto; inoltre, è dotata di bagni donne e uomini, di uno spazio per le prime colazioni, di un soggiorno per gli ospiti e di una sala multifunzionale dove organizzare convegni, conferenze, scuole residenziali, workshop, ecc.
Per informazioni e prenotazioni: Pro Loco di Navelli, Via del Municipio, 31, 67020 Navelli (AQ) tel. 0862 959158 prolocodinavelli@gmail.comhttp://www.facebook.com/pages/Associazione-Pro-Loco-di-Navelli/136055409738772?ref=hl"

Il casatiello di Sant'Arpino e il libro street Food di Giuseppe Bagno

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In questi anni ho partecipato, in giro per l’Italia, a diversi eventi enogastronomici ...è inutile negare che molte di queste manifestazioni andrebbero bandite perché nascono esclusivamente con lo scopo di generare cassa per alcune organizzazioni.
Queste manifestazioni, come fiere e sagre invece, devono essere un veicolo per fare cultura, perché il cibo è l’espressione dell’identità culturale di un popolo ed è oggi  un elemento di sviluppo economico e di coesione sociale.

Sant’Arpino (CE), città di circa 14000 abitanti in provincia di Casertaè un esempio virtuoso di come un evento enogastronomico va inserito in un contesto culturale più ampio come descritto.
Grazie all’impegno costante della Pro Loco e delle varie amministrazioni comunali che si sono succedute, la “Sagra del Casatiello” quest'anno ha celebrato la XXVII edizione attirando tantissimi turisti provenienti da tutt’Italia. Continuo a ripetere che una Pro Loco organizzata è il segnale tangibile dell’unità di una comunità oltre a  una maturazione culturale volta alla crescita del territorio.
Sant’Arpino ha avuto il merito di valorizzare una tipicità regionale e farla sua: oggi Sant’Arpino è il Casatiello. Il casatiello è una  torta rustica, o più comunemente un pezzo di pane impastato con sugna e pepe e  conciato con “cas” (formaggio), salumi e uova. Piatto nato e consumato nei periodi di Pasqua, oggi lo degustiamo tutto l’anno grazie anche a molti panificatori di Sant’Arpino. La sagra è riuscita nello scopo di portare “l’elemento di sviluppo economico” per questo settore, creando anche una sorta di competizione e rivalità tra i panificatori. Rivalità e competizione associata al rispetto ha migliorato il prodotto nella qualità e   portando anche rivisitazioni attinenti al nostro territorio.
Gli attori di questa innovazione sono : 
  • Casatiè di Paolo e Andrea PETRONE Via Alcide de Gasperi, 134  tel:. 0818918209 - 81030 Sant'Arpino CE
  • Fratelli ARENA ,Via G.Mazzini, - tel:. 081 891 7429 - 81030 Sant'Arpino CE
  • Antichi Sapori  GIFUNIVia ziello 12 -tel:. 081 891 820981030 Sant'Arpino CE,
  • La casa del Pane Via di Vittorio, 55 - tel:. 081 891 9103 - 81030 Sant'Arpino CE, 
  • Panificio Angelo Pio Via A.Volta 1, 81030 Sant’Arpino - CE .
La cerimonia di inaugurazione della XXVII “Sagra del Casatiello“ , tenutasi nel Palazzo Ducale “Sanchez de Luna “ a Sant’Arpino (CE), ha visto il mio intervento sui piatti tipici del territorio presentando alla comunità di Sant’Arpino ”La Pastiera Rustica Marcianisana”.
Nell’occasione è stato presentato il libro Street Food Il cibo di strada nella storia di Giuseppe Bagno, un’opera che descrive tutto il percorso del cibo da strada fino ai giorni nostri, con ricette  e molte informazioni sui caffè storici Italiani.
Lo street food nasce con la storia del genere umano. I primi cibi di strada risalgono, senza ombra di dubbio, all'età della pietra e precisamente all'epoca in cui l'Homo Erectus scoprì il fuoco e cominciò a cacciare e arrostire le carni. Ha quindi origini paleolitiche ma, per poterlo ascrivere nell'olimpo delle culture gastronomiche, dobbiamo aspettare il periodo greco-romano. In una scorrevole sintesi dalle origini ai giorni nostri l'autore ci guida in un viaggio alla scoperta delle più interessanti ricette medievali, rinascimentali, del Settecento e dell'Ottocento fino ad arrivare ai giorni nostri e alle nuove frontiere del cibo di strada. Un interessante capitolo è dedicato alle piazze italiane che per secoli hanno fatto da palcoscenico a generazioni di mercanti e venditori ambulanti dai caratteristici nomi regionali e ancora particolarmente intrigante è il racconto della storia dei più importanti "Caffé" d'Italia: Gambrinus di Napoli, Bicerin di Torino, Florian di Venezia, Spinnato di Palermo, Rivoire di Firenze, Greco a Roma, Pedrocchi di Padova, Specchi di Trieste, Cova a Milano e Mangini a Genova.

Per acquistare il testo:
https://www.ibs.it/street-food-cibo-di-strada-libro-giuseppe-bagno/e/9788888623924
La presentazione  è stata  coordinata dal giornalista Elpidio Iorio. Dopo l’incontro, nella corte del Palazzo Ducale sono seguiti  le esibizioni dei gruppi di musica folk e popolare “Vottafuoco” e “ViaNova”, il taglio e la degustazione del Casatiello, la degustazione del “Cuzztiello” e della “Pastiera Rustica Marcianisana” a cura dell’associazione Enogastronomica Il Cortile di Cerere.

Fresella con pomodorino torpedino, cipolla di tropea e baccalà arrostito

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In estate la fresella diventa una valida alternativa ai piatti caldi e laboriosi. In questo periodo  i panifici non riescono a soddisfare la clientela per la forte richiesta. L'estate poi,  è il periodo più faticoso, sonno e caldo usurano fisico e mente di chi con tanta passione produce l'alimento che rappresenta anche  un simbolo religioso forte. La fresella qui in meridione viene conciata con insalata di pomodori e mozzarella  di bufala, o in alternativa acciughe salate oppure tonno. 
L'origine della fresella, oltre ad essere di natura casareccia, va ricercata nella necessità di realizzare un pane alternativo per chi, allontanandosi dall'abituale domicilio per lunghi periodi, recasse con se una scorta di viveri di difficile deperimento. La fresella non è altro che la variante del pezzo di pane, pezzato con le modalità tali da consentire una lunga conservazione e fragranza che, il medesimo , alla lunga, non darebbe. 
Fresella con pomodorino torpedino, cipolla di tropea, capperi, pomodori secchi, basilico e baccalà arrostito. Importante sempre la qualità degli ingredienti,la fresella è del panificio Europane di Marcianise sito a Via Gorizia n° 31; il pomodorino è il Torpedinouna varietà rustica di pomodoro appartenente alla categoria dei Minisanmarzano; la Cipolla Rossa di Tropea IGP; i pomodorini secchi dell'azienda I Contadini di Felline, Ugento (LE); il Baccalà del consorzio Islanda; i Capperi dell'amico Pasquale raccolti a Pietravairano.In una zuppiera fate una bella insalata di pomodori Torpedino , mettendo olio extravergine, quello buono, aglio, origano e basilico, il sale lo mettete prima di mettere i pomodori sulla fresella. Lasciate riposare in frigo per tre quattro ore circa. Fate rinvenire per circa dieci minuti i pomodorini secchi in un bicchiere con tre parti di acqua e una di aceto. Passato il tempo conditeli con olio extra vergine e  capperi. Su una bistecchiera arrostite il baccalà tagliato a bocconcini, mi raccomando bagnatelo con l'olio extra vergine prima di metterlo sulla bistecchiera rovente. 
A questo punto passate la fresella sotto l'acqua corrente per due tre volte, adagiate in un piatto e conditela come in foto.

Puparuol 'ro ciumm

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E puparuol 'ro ciumm, puparulille, peperoni verdi o friggitelli... è un ortaggio tipico campano che viene consumato in estate e coltivato in modo naturale. La squisitezza di questo tipo di peperone non ha eguali, raccolto a maturazione incompleta è di una bontà unica. Viene consumato come companatico accompagnato con il pane cafone ...
Nei nostri territori vengono consumati prevalentemente fritti, senza togliere i semi e con l'aggiunta di qualche pomodorino. Una volta lavati, con un coltello tagliate la punta superiore (picciolo) e metteli in una padella larga dopo aver fatto imbiondire uno spicchio di aglio in olio extra vergine di oliva. Fateli saltare per qualche minuto a fuoco vivace, abbassate la fiamma e fateli cuocere per 7-10 minuti coperti con un coperchio. A metà cottura aggiungete su 800 g di peperoni 8-10 pomodorini tagliati a metà e a fine cottura aggiustate di sale.
Vi consiglio di non cuocerli prima di pranzo perchè in tavola non potrebbero mai arrivare per il continuo pizzichio. 
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