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Channel: I SAPORI DEL MEDITERRANEO
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Capitone arrosto e marinato

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Oggi il calendario del cibo Italiano celebra sua maestà il capitone. Simbolo del Natale, il capitone è un alimento che viene consumato esclusivamente nelle due vigilie. Che Natale sarebbe senza capitone? Sicuramente per chi ama la tradizione in cucina, sarebbe un Natale innocuo e senza senso. Un pò oggi questa usanza del capitone si sta perdendo, solo per la sua somiglianza con il serpente. Non sapete però cosa vi perdete, il capitone è uno dei pesci più saporiti in assoluto. Le ragioni di tale consumo sta nella somiglianza tra questo pesce ed il serpente, simbolo del male: mangiare il Capitone esorcizza la malasorte e la malvagità, annullando l’oggetto portatore della negatività. Napoli, un popolo così superstizioso continua a scacciare la “malasorte” in questo modo ancora oggi. 
Di solito quelli che troviamo sono di allevamento, ma da qualche anno, dopo aver conosciuto un pescatore che abita sul Lago di Bolsena, ho la fortuna di mangiare quello pescato con antichi metodi sempre nel lago di Bolsena. Tutto un altro sapore !!!! 
Ingredienti:
Capitone 1400gr
1/2 bicchiere Olio Extra Vergine di Oliva
Prezzemolo
Aglio
Sale
1 Bicchiere Aceto di Vino Bianco
Pepe
Procedimento :
La prima cosa da fare e' la decapitazione del capitone perche' tradizione vuole che deve essere vivo. Un grattacapo questa fase: si afferra con la mano sinistra nel mezzo con il sacchetto a rete delle patate, e con un coltello nella mano destra si incomincia a tagliare da sotto la pancia fino alla testa.
Non abbiate paura, anche dopo morto per un oretta il Capitone continua a muoversi, tutto questo e' assolutamente normale. Una volta sviscerato, lavato e asciugato, lo posiamo su una carta assorbente per eliminare l'acqua in eccesso.
A questo punto poniamo il capitone tagliato a pezzi di 5-6 cm in una ciotola e versiamo dentro tutti gli ingredienti per la marinatura che dura dalle 13:00 dell'anti vigilia fino alla sua cottura ore 18:00 della vigilia, girandolo due tre volte, durante l'arco di questo tempo.
Arrivate le 18:00 cuciniamo il nostro capitone sulla brace a carboni ardenti. La marinatura va spalmata sul Capitone al momento della cottura: provocherà tanto fumo che insaporirà ancor di più il Capitone.
Procurarsi al momento della cottura una bottiglia d'acqua in plastica, con il tappo bucato per spegnere la fiamma causata dalla colatura del grasso del Capitone. Quando la forchetta affonda con dolcezza nella carne del Capitone, vuol dire che e' cotto.



Il lecchino nel mondo del Food

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Ma si può additare a due tre personaggi la storia millenaria della cucina italiana? 
Da contributo a fondatore ci passa un abisso, ma oggi conta di più il marketing e una tendenza egocentrica mai vista nel corso della storia. Scuole di pensiero personalizzate vorrebbero trasformare la cucina italiana alla modernità. Sicuramente è cambiato il modo di nutrirsi e forse ci avvieremo a mangiare quadri di cibo dove l'estetica ci sazierà e conterà più della sostanza. Oggi la cucina si divide in due grandi categorie, lo Chef da spettacolo e il cuoco da cucina, il secondo è quello che si fa il mazzo e vive per lo più nell'anonimato, privilegiando i sapori l'artigianalità e il territorio; il primo invece è quella figura che compare in televisione, sa tutto e cerca di condizionare l'utenza anche grazie al marketing di grandi gruppi. L'etica iniziale? Contano più i soldi..
Tra questi due pensieri ci si inserisce la figura del lecchino che non capendo un tubo di tutto ciò cerca di riflesso di avere anche  popolarità o qualche tornaconto personale, siamo in ordine di merce di poco valore che va contro la logica etica e della buona alimentazione. Questa figura è sempre al servizio delle lobby e dei poteri forti.
Voglio condividere con voi quest'articolo uscito su Marcianise digest dell'amico Gianni Di Dio, dove l'autore fa una bella panoramica su questo tema prendendo in riferimento il canto XXXVIII dell'Inferno di Dante Alighieri.
Dante e i lecchini. 
I leccaculo sono sempre esistiti e oggi hanno raggiunto una vetta molto elevata. Ovunque ci sia una gerarchia, gli uomini, infatti, di scartarla con tecniche, atteggiamenti e strategie più o meno scorrette. Tra queste l'adulazione è infallibilmente vincente. Più che i forti e gli arroganti, l'evoluzione ha favorito i servili e gli ipocriti Henry Kissinger, che se ne intendeva sosteneva, infatti, che il potere è l'afrodisiaco supremo. Dante Alighieri li collocò nella merda. Nel suo canto diciottesimo dell'Inferno, che si svolge nella prima e nella seconda bolgia dell'ottavo cerchio, sono puniti rispettivamente i ruffiani e seduttori e gli adulatori; siamo nel mattino del 9 aprile 1300 (Sabato Santo), o secondo altri commentatori del 26 marzo del 1300. Per Dante, l'adulazione è il grande di tutte le forme di violenza, omicidio compreso, ed è superato solo dal tradimento. Tra gli adulatori Dante colloca il lucchese Alessio Interminelli, morte forse dopo il 1295 e il cui peccato di adulazione è poco noto alle cronache contemporanee. E' Dante a riconoscerlo, dopo aver osservato che il dannato ha il capo talmente pino di sterco. 
Già eravam là 've lo stretto calle con l'argine secondo s'incrocicchia, e fa di quello ad un altr'arco spalle. Quindi sentimmo gente che si nicchia ne l'altra bolgia e che col muso scuffa, e sé medesma con le palme picchia.   Le ripe eran grommate d'una muffa, per l'alito di giù che vi s'appasta, che con li occhi e col naso facea zuffa. Lo fondo è cupo sì, che non ci basta loco a veder sanza montare al dosso de l'arco, ove lo scoglio più sovrasta. Quivi venimmo; e quindi giù nel fosso vidi gente attuffata in uno sterco che da li uman privadi parea mosso. E mentre ch'io là giù con l'occhio cerco, vidi un col capo sì di merda lordo, che non parea s'era laico o cherco. Quei mi sgridò: «Perché se' tu sì gordo di riguardar più me che li altri brutti?». E io a lui: «Perché, se ben ricordo,   già t'ho veduto coi capelli asciutti, e se' Alessio Interminei da Lucca: però t'adocchio più che li altri tutti».   Ed elli allor, battendosi la zucca: «Qua giù m'hanno sommerso le lusinghe ond'io non ebbi mai la lingua stucca». Appresso ciò lo duca «Fa che pinghe», mi disse «il viso un poco più avante, sì che la faccia ben con l'occhio attinghe di quella sozza e scapigliata fante che là si graffia con l'unghie merdose, e or s'accoscia e ora è in piedi stante. Taide è, la puttana che rispuose al drudo suo quando disse "Ho io grazie grandi apo te?": "Anzi maravigliose!".   E quinci sien le nostre viste sazie».  
Vasta è la categoria di lecchini, ma in comune hanno l'obiettivo di ottenere qualcosa...visto le loro scarse capacità.

Lardo, autoproduzione e storia.

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Il lardo ha rappresentato per le civiltà contadine una fonte alimentare essenziale nella loro alimentazione.
Fin dal medioevo il lardo è entrato prepotentemente nel sistema alimentare. Il corso della storia e l'invasione dei barbari hanno influenzato nel corso dei secoli la cucina lasciata dai romani. Il medico di nome Antimo scrive che il lardo è delizia dei franchi  è quasi superfluo dirlo; sento anche dire che sono abituati a mangiarlo crudo, e mi meraviglia che per essi ciò rappresenta un tale rimedio, che non hanno bisogno di altre medicine -
Sempre Antimo consente che il lardo si possa usare per le verdure e ogni altro cibo, qualora manchi l'olio. In questo periodo storico, Antimo con queste prescrizioni, conferma l'impronta culturale romana a favore dell'olio, anche se i popoli germanici veicolarono in quegli anni una promozione che rappresentavano i territori d'origine ovvero grassi animali e prodotti carnei.
Un integrazione quella del lardo che trova ostacoli dagli obblighi di astinenza imposti dalla Chiesa, valutati intorno ai 100-150 giorni l'anno. L'alternanza olio lardo diventò un sistema comune per tutta la società anche se l'olio non era per tutti, restava un prodotto difficile da procurare dato anche l'elevato costo.
Questo dell'astinenza e della Quaresima fu un vero problema, risolto come si vuol dire a tarallucci e vino dal concilio di Aix dell'816, dove si consentì  ai monaci della Gallia in Quaresima dell'oleum lardivum  (il lardo sciolto a mo di olio) . Analoghe concessioni fu fatta da Gregorio XI al re di Francia Carlo V. 
Concessioni queste che lette oggi sono ridicole e non condivisibili, anche perchè Martin Lutero ribaltò il tutto. 
E' invece di storia recente i racconti delle nostre nonne che descrivano un alimentazione improntata intono al maiale.
Il lardo e la sugna avevano nella loro cucina un uso quotidiano, oggi purtroppo sostituito da condimenti di origini industriale.
La macellazione domestica era un evento annuale comune, che nelle carni, opportunamente lavorate e conservate trovano fonti di approvvigionamento per tutto l'anno.
Oggi fortunatamente c'è la tendenza di alcuni chef a rivalutare  questi grassi che per alcune preparazione come soffritti e fritture sono da preferire ai grassi più diffusi. 
Autoproduzione Lardo
Rispetto al passato, oggi siamo abituati a nutrirci di maiali giovani, quindi con poco grasso. Per produrre il lardo sotto sale, c'e' bisogno invece di animali di peso minimo 220 kg. Grazie al mio macellaio, appena avuto sottomano l'animale con queste caratteristiche ho potuto realizzare  " a' pzool e lard".
Lardo 
Odori vari ( pepe, coriandolo, rosmarino)
Sale fino 
Zucchero di canna  1/3
Tritate le spezie e unitele al sale, cospargete il trito su tutta la superficie del lardo e le parti laterali, massaggiandolo. Fate uno strato di sale (5 mm)  nel fondo di un contenitore di plastica per alimenti , mettete  il lardo  e aggiungete un altro po' di sale e trito di spezie. Chiudete e lasciate riposare almeno per 8-10 giorni. Passato questo tempo eliminate la salamoia e lavate il lardo con acqua tiepida. Fatelo asciugare per 24 ore avvolto in un canovaccio, cospargete sulla superficie il trito di spezie. Lasciatelo stagionare appeso in un posto ventilato per 15 -20 giorni.

Pasta con crema di pistacchi, mortadella e casciotta

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Mortadella e pistacchi è un abbinamento che negli ultimi anni sta riscontrando un notevole consenso. Si è passati dal buono e semplice panino mattutino con la mortadella a un ottimo ingrediente per la cucina.
La mortadella è diventato anche un ingrediente gourmet sulla pizza a impasto napoletano: il trinomio mozzarella di bufala, mortadella e pistacchio ha conquistato il palato di molti consumatori!
Da questa idea, propongo un primo piatto con gli stessi ingredienti, provenienti da alcune delle realtà cooperative aderenti a QUI DA NOI: la Mortadella del salumificio Clai, il pistacchio di Bronte, la Casciotta d’Urbino Trevalli Cooperlat e i Rigatoni Girolomoni.
Ingredienti:
400 g di Rigatoni Girolomoni
90 g Pistacchi di Bronte
½ bicchiere di olio extra vergine di oliva
150 g Mortadella Clai
4 pomodorini
Casciotta d’Urbino D.O.P. Trevalli Cooperlat (ne serviranno alcune scaglie)
pepe
sale
Procedimento:
Mettere i pistacchi e l’olio extra vergine d’oliva in un boccale di vetro. Triturare i pistacchi facendo funzionare il minipimer a intermittenza; terminate quando una minima parte diventa cremosa e la restante a granella.
Tagliate con un affettatrice la mortadella Clai; ottenute le fette, ritagliatele a striscioline con un coltello.
Lavate i pomodori e tagliateli in quattro spicchi ognuno.
Calate la pasta Girolomoni in abbondante acqua salata e, nel frattempo che cuoce, riscaldate il pesto di pistacchio nel microonde per circa 45 secondi (al max).
Scolate i rigatoni Girolomoni e saltateli in una teglia con il pesto di pistacchio, ½ mestolo di acqua di cottura della pasta, la mortadella Clai, pomodorino e poco pepe.
Impiattate e guarnite con scaglie di Casciotta di Urbino.

Pasta e cavolfiore light

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Il cavolfiore è noto per l'odore sgradevole che diffonde durante la cottura, dovuta alla presenza di composti di zolfo. A parte questo piccolo inconveniente il cavolfiore è fra gli ortaggi più gustosi e salutari, infatti è ricco di sostanze nutritive e vitamine.
Questa versione, light, non prevede nemmeno il soffritto: l'olio extra vergine di oliva viene aggiunto alla fine, arricchendo il piatto con profumi e sapori ben decifrati. Un piatto salutare e saporito... dietisti, buongustai, vegani e vegetariani provate per credere... 
Ingredienti:
400 g di Vermicelli (cottura 14 min)
700 g di cavolfiori
6 pomodorini
olio extra vergine di oliva 
parmigiano 100 g 
pepe
sale
Procedimento:
Pulite i cavolfiori e riduceteli a pezzi piccoli (sgranellandoli con le mani). Spezzate i vermicelli ad una lunghezza di 3-4 cm. 
In una pentola abbastanza capiente versate 1.5 litri di acqua con un cucchiaio raso di sale; appena inizia a bollire versate i cavolfiori che farete cuocere per cinque-sette minuti. Trascorso questo tempo aggiungete i pomodorini freschi tagliati a metà e i vermicelli spezzati. Durante la cottura fate attenzione che l'acqua superi sempre di poco la pasta, se l'acqua scende sotto il livello della pasta aggiungetene altra (bollente). 
Quattro cinque minuti prima del termine di cottura, spegnete la fiamma, coprite con un coperchio e lasciate  riposare per circa  sette minuti. In questo tempo di riposo, anche se la fiamma è spenta, la pasta continua a cuocere e ad assorbire acqua e condimento. Trascorso il tempo aggiungete pepe, parmigiano e olio extra vergine di oliva a crudo (quello buono). Mescolate con un cucchiaio di legno per amalgamare bene tutti gli ingredienti.
Impiattate e servite senza aggiungere nient'altro.   

Linguine al sugo di scorfano

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La pasta con lo scorfano è un piatto tipico dell'isola di Capri ed è uno dei piatti preferiti dal grande comico napoletano Totò...buona forchetta doveva essere Antonio De Curtis!
Un pesce fresco, una bottiglia di passata di pomodorini gialli pugliesi, l'olio extra vergine di olive di San Lupo e una buona pasta sono il mix giusto per un gran primo piatto a base di pesce.
Oggi i piatti ritraggono spesso puzzle di viaggi e ricordi di luoghi che anche se vissuti per poco tempo rimangono indelebili nella tua memoria. La passata di pomodorini gialli, che sono diversi dal giallo coltivato nella zona vesuviana, è un ricordo della puglia della passata stagione. Rotondi e gialli tendente al rosso danno un sapore delicato ma non troppo dolciastro come i vesuviani, sono i pomodorini gialli dell'
azienda Orto Buono società cooperativa agricola che nasce a Minervino di Lecce, nel cuore del Salento, vanta una tradizione ultra trentennale. 

Serietà, professionalità, cura e attenzione alla qualità e genuinità dei prodotti sono i segreti del successo e della bontà delle conserve Vizzino preparate ancora secondo le antiche ricette della grande tradizione culinaria salentina. Le colture degli ortaggi avvengono in campo aperto nel rispetto del naturale ciclo delle stagioni e in totale assenza di qualsiasi mistificazione sui prodotti e sui processi di trasformazione. È così che le conserve Vizzino mantengono inalterate le qualità organolettiche, il profumo intenso e il sapore vero degli ortaggi tutti altamente selezionati e provenienti da colture rigorosamente autoctone. Una materia prima eccellente!
Lo scorfano è un pesce degli Attinopterigi, dal greco scorpions è infatti brutto come uno scorpione. A Napoli quando si vuole indicare una persona sgradevole, la si definisce come uno scuofano. Le sue carni sono eccellenti e la sua brutta testa conferisce un gusto unico al sugo. Esiste lo scorfano di fondo, il comune e l'imperiale. 
Ingredienti:
uno scorgano di circa 600 g
passata di pomodorini gialli pugliesi 
olio extra vergine di oliva
uno spicchio di aglio
prezzemolo
sale
pepe

Procedimento:
Squamate lo scorfano con un coltello, partendo dalla coda fino ad arrivare alla testa, risciacquate sotto l'acqua corrente per rimuovere eventuali residui di squame.
A questo punto potete sfilettare lo scorfano in due modi: 
  1. fate un taglio con un coltello affilato lungo il dorso e fate un incisione vicino la pinna caudale ( in modo da facilitare la sfilettatura dello scorfano. Iniziate a sfilettare aprendo lo scarfano con le mani, mentre fate scorrere la lama per staccare il primo filetto. Proseguire allo stesso modo anche per l'altro lato. 
  2.  L'altra tecnica per sfilettare lo scorfano è quella di iniziare a sfilettare il pesce all'altezza delle brame fino a scendere verso la coda.  
In una padella fate soffriggere leggermente e a fiamma bassa uno spicchio d'aglio schiacciato, unite i filetti di scorfano insieme alle lische e la testa. Fate rosolare i filetti in entrambi i lati e la restante parte del pesce,  strizzandoli con l'acqua. Dopo circa due minuti di cottura, togliete i filetti  dalla padella e metteteli da parte in un piatto.
A questo punto aggiungete la passata di pomodori gialli Vizzino che farete insaporire per due tre minuti con le lische e la testa dello scorfano e 3 bicchieri di acqua calda. Proseguite la cottura per circa 20 minuti o finchè l'acqua non sarà del tutto evaporata, aggiustate di sale. 
In abbondante acqua salata, lessate le linguine, scolatele al dente e saltatele nella padella con il sugo di scorfano e pomodorino giallo pugliese . Fate riposare la per  due minuti e impiattate guarnendo con mezzo filetto di scorfano, prezzemolo e del pepe macinato al momento.

Frittelle ai fiori di zucca lievitate

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I fiori di zucca, rappresentano la prelibatezza estiva: si prestano a tante ricette e il loro sapore armonizza bene ogni piatto. Nello street food napoletano trova impiego nelle “pizzelle di sciurilli”, cioe’ pasta cresciuta con i fiori di zucchina o zucca. Varie sono le ricette delle  pastelle che si possono preparare: c’e’ chi mette uova, chi pecorino o pepe, ma la vera ricetta è quella fatta con solo  farina , acqua e lievito, per intenderci l’impasto della pizza con un idratazione al 50%.
 Ingredienti:
200 g farina 00
200 ml di acqua
Un pizzico di lievito di birra 2 g
2 cucchiaini di sale
Olio di arachidi per friggere
Procedimento:
Procediamo alla pulizia dei fiori di zucca, eliminando lo strato di stelo che risulta essere spinoso, lavarli delicatamente e metterli a scolare in una colapasta. Preparate la pastella: in una ciotola mescolate bene con una frusta la farina, l’acqua,il sale e il lievito. Lavorate con forza affinchè non si formino grumi. Lasciate la pastella lievitare per circa 1 ora e 30/ 2 ore (dipende molto dalla temperatura ambiente che in questi periodi è davvero rovente).Scaldate in una padella abbondante olio di arachidi, passate i fiori di zucca , uno per volta, nella pastella, fatela aderire bene ovunque, quindi tuffateli, sempre 1 per volta, nell'olio ben caldo. Cuocete fino a doratura, scolate, fate sgocciolare su carta da cucina, quindi condite i fiori di zucca fritti con sale e servite subito su barchette di legno.

Paccheri alla canapa con zucchine e datterino giallo.

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La canapa fa il suo ritorno sul mercato, trovando il suo impiego nei vari e molteplici settori produttivi, conquistando anche quello del food con i suoi derivati.  Per noi campani  è un ritorno, perchè nel secolo scorso Marcianise era conosciuto sui mercati italiani ed europei come uno dei miglior produttori di canapa: situato in un  vasto possedimento terriero ,era considerato una delle aree più fertili del pianeta. Negli anni 50-60 c'e' stata una conversione delle colture: si è passati dalla canapa al ricco tabacco che ancora oggi ,anche se in modo residuale, è ancora presente nelle nostre campagne.   
Oggi, grazie all'area Agro Aversano Atellano e all'associazione Fracta Sativa Unicanapa, c'e' un ritorno  a 360° al mondo canapa. Grazie a Nicola Migliaccio, agronomo e produttore di canapa, ho avuto la possibilità di degustare i suoi "paccheri alla Canapa". 
Questa pasta dal sapore deciso, con solo 8% di farina di canapa ,a mio modesto parere va condita in modo semplice e vegetariano, casomai sfruttando in questo periodo  ingredienti provenienti dall'orto di casa: zucchine, pomodorini gialli, basilico.  
Ingredienti:
250 g paccheri alla canapa
3 zucchine tonde
6 pomodorini gialli
basilico
olio extra vergine di oliva
sale 
pepe
Procedimento:
In una padella versate l'olio extra vergine di oliva e uno scalogno tagliato finemente, fate soffriggere a fuoco lento; poi aggiungere le zucchine tagliate a dadini e il pomodorino giallo, fateli cuocere 10-15 con un coperchio non chiuso ermeticamente; aggiustate di sale. Lessate i paccheri alla canapa in abbondante acqua salata, scolateli al dente e saltatela nelle preparato con le zucchine. Fate riposare i paccheri alla canapa per circa 2 minuti, impiattate e guarnite con basilico pepe e parmigiano. 
La Pasta alla Canapa contiene un alto valore nutritivo, ricca di fibre e proteineLa farina di semi di canapa è ottenuta dalla macinatura dei semi della pianta Cannabis sativa.
I semi vengono pressati in un torchio, poi macinati e ridotti in polvere all’interno di un mulino, dando vita ad una farina morbida nota anche semplicemente come farina di canapa. La farina di Canapa contiene tutti gli 8 amminoacidi essenziali, inclusi metionina e cisteina che normalmente sono scarsamente rappresentati in altre proteine di origine vegetale. Il 65% delle proteine della canapa è rappresentato dalla edestina, una proteina che si digerisce facilmente, mentre sono completamente assenti la gliadina e la glutenina, ovvero il glutine. 



Bruschette con crema di peperone e paté di tinca affumicata

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Il paté di tinca dalla Cooperativa Pescatori del Trasimeno è commercializzato con il logo Sapori del Trasimeno. Per la Tinca del Trasimeno è in corso la certificazione DOP (Denominazione di Origine Protetta) visto la reputazione di cui gode da secoli e non solo in Italia. 
Le bruschette con la crema di peperoni e  paté di tinca affumicata è un aperitivo gustoso ché può essere preparato anche in anticipo. Un abbinamento che sposa bene, la dolcezza del peperone che incontra il sapore deciso della tinca affumicata.
Ingredienti:
2 peperoni rossi
Olio extra vergine di oliva
Prezzemolo
Paté di Tinca affumicato
Filone di pane raffermo (2 giorni)
1 spicchio d’aglio
Sale 
Procedimento:
Lavate accuratamente i peperoni, asciugateli e sistemateli in una teglia da forno antiaderente. Infornate a 200° per un’oretta circa (a metà cottura girateli in modo che cuociano bene da ambo i lati). Dopo la cottura,chiudeteli in una busta di plastica per alimenti per circa 30 minuti,  questo faciliterà la rimozione della pellicina. Private i peperoni del picciolo e dei semi, spellateli e metteteli in un boccale. Insaporire con  olio extravergine di oliva, aglio e sale e frullate con un minipiper fino ad ottenere una crema liscia. Lasciate insaporire la crema di peperoni per 3-4 ore in frigo prima del suo utilizzo.  Fate abbrustolire delle fette di pane, ( io ho utilizzato filoncini vecchi di qualche giorno)  e ancora calde servire la crema di peperone con al centro un cucchiaino di tinca della cooperativa dei pescatori del Trasimeno e del prezzemolo tritato fresco.



Bucatini all'aglione

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L’aglio è un punto di riferimento della cucina e della medicina per le sue proprietà peculiari e benefiche. Usato dai popoli antichi soprattutto come farmaco o come prodotto da utilizzare in riti magici, in diverse epoche e luoghi del mondo se ne trovano testimonianze. Ricordato nella Bibbia fra i cibi rimpianti dagli Ebrei al momento durante la fuga dall'Egitto, infatti giunti nella terra promessa introdussero l'aglio come condimento. Sono state trovate tracce di aglio un pò ovunque, dalla Siberia alla Calabria, dalla Sicilia al nord Africa; nell'Asia centrale e in India dove ancora oggi cresce in modo spontaneo. Oggi in Italia abbiamo un'infinità di tipi, bianco, il più forte di tutti, rosso un pò piccante, rosa, delicato e aromatico.  Cosa sarebbe oggi la cucina senza aglio?  Molti chef definiti famosi hanno eliminato dai loro soffritti  aglio e cipolla rendendo secondo il loro personale parere  una cucina moderna e innovativa . Egocentrismo e marketing a senso unico, mode del momento non so come chiamarle, rimango dello stesso parere dello scrittore Jim Harrison che disse "“senza l’aglio e il vino continuare per la nostra strada in questa vita può essere davvero dura”.  Giugno Luglio e agosto, sono i mesi della raccolta dell'aglio e... trovando spunto da una ricetta toscana (pici all'aglione) e avendo degli agli freschissimi ne ho approfittato per replicarla con i bucatini. L'aglio fresco è un'estasi di profumo intenso, dove in questo periodo la parte del germoglio ancora si è formata. Senza aglio si ritorna alla preistoria
Ingredienti (per una persona):
3 spicchi d'aglio 
3 pomodori pelati San Marzano 
120 g di bucatini 
olio extra vergine di oliva, quello buono 
sale 
pepe

Procedimento: 
Sbucciate gli spicchi di aglio e tagliateli in due parti. In una padella mettete l'olio extra vergine di oliva  e gli spicchi d'aglio; posizionate la padella sul fornello del caffè a fiamma molto bassa. 
"Questa procedura di soffritto dura circa 10-15 minuti, più lenta e questa operazione maggiore sarà l'aroma che l'aglio rilascia nell'olio extra vergine di oliva." Appena l'aglio inizia a cuocersi (non deve diventare giallo), spostate la padella sul fornello grande e sempre a fiamma bassa versate i pomodori san marzano con un bicchiere di acqua calda. Aggiustate di sale. Cuocete finché l'acqua non si asciughi (15-20 minuti). Con la forchetta fare pressione sopra i pezzi di aglio, schiacciateli finché non saranno ben sminuzzati insieme al pomodoro. 
In una pentola con acqua salata cuocete i bucatini, e due minuti prima della fine di cottura versateli nel sugo di aglio e completare la cottura. Lasciate riposare la pasta per due  minuti, servite guarnendo con del pepe macinato al momento.

La miglior pizza del mondo? Non esiste!

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Esisterà mai la miglior pizzeria del mondo? Tre persone possono decidere le sorti di una classifica ? Chi sceglie le pizzerie da valutare e su quali criteri? I media o le classifiche influenzano la massa? Quali sono i ruoli degli sponsor in queste classifiche?  
............. Una grande confusione viaggia intorno al circuito pizza, una guerra senza esclusione di colpi; da un lato il pizzaiolo, quello vero, dall'altro il marketing forsennato che il più delle volte dà un' immagine contorta del mondo pizza.
 Oggi la pizza sta subendo una radicale trasformazione dettata principalmente da due fattori:  moda del momento e innovazione composta della tradizione.
La prima è caratterizzata da una trasformazione strutturale, modifica della forma del disco con spessore spropositato del cornicione. Questo tipo di pizza,  soprannominata canotto, è semplicemete un oltraggio a quella tradizionale( quel cornicione alto non è altro che pasta trasferita dal pizzaiolo durante la stesura del disco), altro fattore e' la lunghissima maturazione della pasta che non tutti fanno per questione di gestione . Quando mangi la pizza canotto ad un certo punto ti ritrovi in mano un bel pezzo di cornicione asciutto tipo focaccia (che nella stragrande maggioranza, come scritto sopra, sulla gestione della maturazione della pasta) crudo e gommoso canotto 
Questi cornicioni cavernosi sono fighi da fotografare!  
L'innovazione composta della tradizione riguarda l'abbinamento dei condimenti che fino a qualche anno fa erano inimmaginabili; la fantasia del pizzaiolo abbinata alle eccellenza del territorio. 
L'esempio di questo binomio porta dritto a Franco Pepe, della pizzeria Pepe in Grani di Caiazzo, considerato per alcuni miglior pizzaiolo al mondo. 
Rimango sempre del parere che queste classifiche trovano il tempo che trova. Ogni pizza ha la sua criticità e i giudizi sono soggettivi. 
A Franco Pepe va riconosciuto la capacità e l'umiltà di aver saputo coinvolgere i produttori locali nel suo progetto pizza e valorizzazione del territorio caiatino. La Margherita sbagliata è l'esempio di tradizione innovativa abbinata alle eccellenze del territorio, come il pomodoro riccio  e la mozzarella di bufala prodotti entrambi  nel territorio di Caiazzo. 
Qual è la criticità di questa pizza? L'impasto, anche se maturo e digeribile, non può essere paragonato a quello della scuola napoletana. La pizza è Napoli.....  
La pizza in foto è la Margherita sbagliata della  Pizzeria Pepe in Grani  Vicolo S. Giovanni Battista, 3,  81013 Caiazzo CE

Spaghetti al mandolino con pesto di salvia ,colatura di alici , noci e limone

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Con questa ricetta partecipo al contest ideata dall'azienda IASA per omaggiare la cucina mediterranea. IASA è un'azienda familiare che dal 1969 riesce a riportare su grande scala, prodotti di nicchia che conservano intatte antiche tradizioni come  le alici e la colatura, il tonno pescato lungo le coste del mediterraneo tipo la specie alalunga (tonno bianco), il tonnetto del mediterraneo (alletterato) e il pregiatissimo tonno rosso (blufin). 
Grazie anche alla IASA se la coltura di alici ha intrapreso il percorso verso la dop. Infatti Lucia De Mauro presidente (socia della IASA)  dell’Associazione per la valorizzazione della colatura di alici di Cetara,  ha avviato il percoso per il riconoscimento DOP della colatura di alici di Cetara, siamo alle battute finali per l'approvazione.
I prodotti utilizzati per questa ricetta sono parte integrante del territorio, la salvia invece considerato dai genovesi il basilico dei poveri sposa benissimo con gli ingredienti elencati. Alici, colatura e limone rinnovano e attenuano il sapore deciso della salvia, rendendolo allo stesso tempo delicato.
La salvia fra l'altro, è una pianta proveniente dall'area Geografica del Mediterraneo, dove cresce spontanea in zone litoranee. Da secoli la pianta di salvia è diffusa in Europa ed è usata in cucina come erba aromatica. Se vi trovate in zona,  Cetara è un pittoresco borgo marinaro della costiera Amalfitana che sorge ai piedi del monte Falerio e, distinguendosi in una profonda vallata fiancheggiata da vigneti e agrumeti, si apre quasi a ventaglio sulla stretta fascia pianeggiante a livello del mare. Davvero incantevole! La sua cucina poi non ha eguali, quella della costiera è inimitabile perchè il mondo della ristorazione ha incarnato bene i prodotti del territorio, la tradizione e l'innovazione.
 Ingredienti:
35 g di salvia
7 noci fresche di Sorrento
7 Pomodorini Ciliegino
4 cucchiai Colatura di Alici IASA
15 cucchiai Olio Extra Vergine di Oliva
500 g Spaghetti al mandolino
10 filetti di Acciughe IASA
1 Spicchio d’aglio
Pecorino
Pepe
 Ingredienti:
Lavate le foglie di salvia e asciugatele tamponandole con carta da cucina, eliminate completamente il gambo. Mettete la salvia in un mixer con l’olio extra vergine di olive e tritate il tutto molto finemente. Aggiungete nel mixer le noci e frullate ad intermittenza in modo da tritarle grossolanamente. Completate il pesto aggiungendo  di buccia di limone grattugiato e 3 cucchiai di colatura di alici.  Amalgamate e fate riposare in frigo per circa un’ ora. In una padella fate soffriggere leggermente  a fiamma bassa uno spicchio d’aglio schiacciato, unite i filetti di acciughe e, appena sciolte, togliere il fuoco. In abbondante acqua poco salata, lessate gli spaghetti al mandolino, scolatele al dente e saltatele nella padella con le acciughe, unite il pesto di salvia con poca acqua di cottura, amalgamate il tutto e lasciate riposare il tutto. Nel frattempo aggiungete i pomodorini tagliati in 4 parti. Trascorso il tempo amalgamate e impiattate guarnendo con poco pecorino grattugiato e pepe. 

Finger food tonno  crema di peperoni e mollica capperata


La seconda proposta per il contest, che doveva rispettare il requisito di piatto freddo, è un classico di intreccio e mediterraneità
Ingredienti* 40  finger food
300 g  Peperoni rossi
100 g Mozzarella di bufala
Tonno IASA
20 Capperi
2 fette di Pane cafone
Olio extra vergine di oliva
Sale

Lavate accuratamente i peperoni, asciugateli e sistemateli in una teglia da forno antiaderente. Infornate a 200° per 40 minuti o fino a quando non vedete che la pelle è quasi bruciacchiata. (a metà cottura girateli in modo che cuociano bene da ambo i lati). Dopo la cottura,chiudeteli in una busta di plastica per alimenti per circa 30 minuti,  questo faciliterà la rimozione della pellicina. Private i peperoni del picciolo e dei semi, spellateli e metteteli in un boccale. Insaporire con  olio extravergine di oliva e sale e frullate con un minipiper fino ad ottenere una crema liscia. Lasciate insaporire la crema di peperoni per 3-4 ore in frigo prima del suo utilizzo.
Su un piano di lavoro riducete una fetta di pane in mollica, unite i capperi e con la mezzaluna triturate tutto. In una padella con olio extra vergine di oliva fate tostare a fiamma dolce l’impanatura con i capperi per 3-4 minuti o finchè non risulta croccante.
Tagliate la mozzarella di bufala a dadini sottilissimi. Ultimate tutte le preparazioni, andate a comporre i vostri cucchiai finger food adagiando nell’angolo finale del cucchiaio la mozzarella di bufala, coprite con un due cucchiaini di crema di peperone, adagiate sulla crema i filetti di tonno iasa e guarnite con la mollica di pane ai capperi. 

Torretta di Melanzane alla Parmigiana

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La cottura su pietra lavica è considerata una delle migliori soluzioni per una cottura sana, omogenea e veloce. Questo perchè non rilascia sostanze tossiche e i cibi nn entrano a contatto diretto con il fumo. Il piatto che presento oggi è una terrina di melanzane grigliata sulla pietra lavica: Un piatto light che non necessita di cottura in forno. Per questo piatto sono stati usati prodotti delle cooperative agricole aderenti al circuito qui da noi: la passata verace Cirio, la Casciotta di Urbino Tre Valli e l'olio extra vergine di oliva Novolio Igp Sicilia La goccia d'oro.
 Ingredienti
3 melanzane 
500 ml di passata verace Cirio
150 g di Casciotta di Urbino
Olio extra Vergine di Oliva Novolio IgpSicilia La Goccia d'Oro
1 spicchio d'aglio 
sale 
basilico
Procediemento:
Portate a temperatura la pietra lavica su un fornellone con discreta potenza. Si sconsiglia di mettere la pietra lavica sulla cucina domestica, la stessa non andrà mai in temperatura e i cibi una volta cotti risulteranno come lessi. Una volta portata a temperatura la pietra lavica, diminuite la potenza del gas e dopo 3-4 minuti poggiate le melanzane tagliate a rondelle spesse di un cm sulla pietra. Dopo un paio di minuti o appena cominciano a staccare, giratele e e terminate la cottura. Versate l'olio extra vergine in una padella, aggiungete l'aglio schiacciato e fatelo imbiondire a fuoco lento; aggiungete la polpa finissima Cirio e il basilico fresco e fate cuocere a fiamma dolce per 6-7 minuti. Tagliate a fette sottili la casciotta di Urbino. A questo punto che tutti gli ingredienti sono pronti non vi resta che comporre le torrette di Melanzane. Prendete una prima fetta di melanzana grigliata e adagiatela su un cucchiaio di pomodoro messo sul fondo di un piatto. Aggiungete sopra la melanzane, un cucchiaio di sugo bollente e una fettina di casciotta di Urbino. In tutto dovete realizzare due strati utilizzando tre fette di melanzane. Una volta posizionata l'ultima fettina melanzane, terminate con un cucchiaio di pomodoro, una fettina di casciotta di Urbino e del basilico fresco.

Come scegliere un Olio Extra Vergine di Qualità #Qui da Noi Puglia

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I viaggi del gusto ti permettono di scoprire sapori, tradizioni e territori, ma allo stesso tempo ti educano a scoprire la specificità dei prodotti e a come scegliere quello di qualità.
Grazie al tour Qui da Noi, ho partecipato presso la cooperativa Aproli di Bari ad una degustazione e mini corso di Oli locali. Grazie alle nozioni tecnico-pratiche di un  tecnico Agronomo e un assaggiatore professionista, sarà più facile oggi scegliere un olio extra vergine di oliva di qualità. Condivido con la rete un piccolo opuscolo della cooperativa Aproli, di come scegliere un olio extra vergine di Oliva di qualità.
L'olio extra vergine di Oliva è ottenuto dalla prima spremitura di olive esclusivamente attraverso processi meccanici, in condizioni che non causino alterazioni dell'Olio, e la cui acidità non risulti superiore all' 0,8 di acido oleico.
Per rientrare nella soglia 0-0,8% di acidità, le olive devono essere di prima qualità, integre e  molite nelle 48 ore dalla raccolta. 
L'Olio di Oliva Vergine è definito con questa dicitura perchè la sua acidità è compresa tra (0,81 - 2 ).
L'Olio di Oliva Lampante invece ha una acidità compresa da 2,01 in poi.
Quindi un indicatore importante in un Olio Extra Vergine di Oliva è il valore dell'acidità, questo indice determina lo stato di salute dell'oliva: tanto più e basso tanto più sane  erano le Olive.
Dalla bassa acidità dipende la presenza abbondante in un Olio extra Vergine di qualità, alcune sostanze, i ponifenoli, potentissimi antiossidanti dal sapore amaro e piccante. Oli con bassa acidità, tendono ad avere più antiossidanti e mantengono le loro qualità più a lungo.
Tutti dovremmo essere educati a scegliere un prodotto di qualità, per non incappare frodi dove spesso l'Olio extra vergine di Oliva viene alterato con altri oli di bassa qualità. Molti speculatori infatti hanno voluto far credere alla massa che un olio amaro e piccante era sintomo di un elevata acidità, quando la stessa è possibile misurarla solo attraverso esami di laboratorio specializzati. Stessa cosa vale anche per il  senso di bruciore percepito in gola, che dipende dal gusto e dalla tipologia dell'Olio.
I sentori che possono essere riscontrati in un olio extra vergine di Oliva sono i seguenti:
ATTRIBUTI POSITIVI: fruttato , amaro,  piccante
ATTRIBUTI NEGATIVI : Riscaldo, Muffa-umidità, Morchia, Avvinato-inacetito, Metallico, Rancido, Cotto o stracotto, Fieno o legno, Grossolano, Lubrificanti, Acqua di Vegetazione, Salamoia, Sparto, Terra, Verme, Cetriolo.
Cosa si intende per spremitura a freddo: si intendono, tutte le buone norme di lavorazione che impongono, durante la fase del processo produttivo, il mantenimento di  temperature più bassi possibili ( max 27°) 
Come si conserva l'olio Extra Vergine di Oliva : L'olio extra vergine di Oliva teme l'ossigeno, le alte temperature e la luce diretta. Dopo l'estrazione si presenta ancora torbido, ma si chiarifica spontaneamente per semplice decantazione in recipienti di metallo a 18-20. Dopo alcuni giorni la morchia depositatesi sul fondo viene separata con un travaso.
La conservazione dell'olio deve essere il più breve possibile e il consumo non dovrebbe essere ritardato per più di un anno.Col il passare del tempo l'olio perde il colore verde e il profumo originario ( degradazione della clorofilla ).
Non a caso questo mini corso è stato effettuato in Puglia, la regione più olivetata d'Italia,che conserva ulivi millenari e di inestimabile valore ambientale paesaggistico e storico culturale. Solo la puglia produce la metà delle olive e dell'olio Italiano.

Paccheri alla canapa con zucca e vongole lupini

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La zucca è l'ortaggio più sprecato a causa una delle feste più stupide adottate dall'uomo. Si fanno campagne contro la fame nel mondo e poi? Ipocrisia !  
Un tempo cibo povero e riservato ai miseri pasti dei contadini, la zuppa e a poco a poco ha fatto il suo ingresso nelle tavole borghesi per arrivare oggi ad avere una posizione rilevante nelle creazioni gastronomiche.
Ingredienti:
200 g di paccheri alla canapa
200 g di zucca 
300 g di vongole lupini
olio extra vergine di oliva
basilico
pepe nero 
sale
Procedimento:
Pulite la zucca eliminando la buccia e i filamenti interni. Tagliate la polpa in piccoli cubetti. Sbucciate lo spicchio d'aglio e fatelo appena soffriggere con l'olio extra vergine di oliva ; unite la zucca e fatela cuocere per 5 minuti a fiamma bassa coperta da un coperchio. Aggiustate di sale. In un altro tegame fate appena soffriggere  uno spicchio d'aglio, unite le vongole lupini e cuocete finchè  non si siano aperte. Lessate i paccheri alla canapa in abbondante acqua salata, scolateli al dente e saltatela nella padella con le vongole lupini; aggiungete la zucca e amalgamate con un cucchiaio di legno.  Fate riposare i paccheri alla canapa per circa 2 minuti, impiattate e guarnite con basilico e pepe nero macinato al momento.


Nnoglia di maiale

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Il primo post del 2014 lo dedico al maiale e alle tradizione che ad esse sono legate.Si, proprio quelle tradizioni che oggi, causa vanagloria personale, vengono mistificate  e trasformate.Il termine tradizione, dal vocabolario comune indica: "Trasmissione nel tempo, da una generazione a quelle successive, di memorie, notizie, testimonianze; anche le memorie così conservate".Potrò mai io raccontare tradizioni di un luogo dove non sono cresciuto??............Sarebbe solo un'offesa ai nostri avi.
Questo post racconta l'esecuzione di questo salume ('nnoglia) per tradizione, difficile da realizzare al giorno d'oggi, causa tanta delicatezza e benessere.Questo sono ricette di uomini e donne con gli attributi appartenuti alla vecchia generazione.Preciso che questa esecuzione non e' stata eseguita da me, non voglio vanti ma pretendo rispetto per la vera origine di questo prodotto.

Quindi ricercare su google questo  prodotto ('nnoglia) di tradizione, e, farlo corrispondere alle tradizioni di un altra città diversa dalla propria, fa solo rabbia.
Non esiste una traduzione in italiano di questo salume('nnoglia). Chiamarlo doglia che affinità ha con il prodotto??????Siccome sono scarso nella lingua italiana, vi riporto il corretto significato di doglia :1 Dolore fisico o moraleSIN. sofferenza, tormento;2 al pl. Dolori che accompagnano il parto;3 ant. Lutto
Secondo Voi puo' questo salume trovare affinità con uno di questi significati????
Chiudo la polemica, non e' meglio che si  scriva delle tradizioni della tua terra o chiedere consigli a famiglie "padroni " di questa tradizione?? Il processo di industrializzazione ha generato il quasi abbandono dei prodotti tipici legati alla tradizione del nostro territorio.

Troppa industria nel piatto a discapito della qualità e del gusto. Dei prodotti tipici a Marcianise ne sono rimasti davvero pochi , anche perchè tutti sono legati alla trasformazione e lavorazione delle carni e delle parti meno nobili del maiale.
Fino agli anni 60, quando la burocrazia e le industrie erano meno  frequenti, ogni famiglia di Marcianise allevava almeno un maiale e fino agli anni ottanta cerano persone disposte a comprarsi il maiale vivo allevato in porcilaia situati negli angoli di grossi cortili. O puorc e cas.
Allevare un maiale in casa significava anche smaltire una quantità di rifiuti (umido), infatti tutti gli avanzi di cibo era parte dell’alimentazione del maiale, anche l’acqua di cottura della pasta veniva recuperata per essere mescolata insieme alla crusca (ottenendo o Vron), ricca di amido e data in pasto ancora calda, sarebbe servita per dilatare gli intestini che poi venivano usati per insaccare la carne tagliata a punta di coltello di conseguenza ne uscivano salsicce belle spesse.
Del maiale non si butta via niente e aiutava in un epoca non molto recente a riciclare qualsiasi scarto commestibile di alimenti.
Il maiale veniva comprato alla fiera di santo Stefano che si teneva a Capua il 26 dicembre o ancora più anticamente l’8 Dicembre in occasione della festa dell’Immacolata nella piazzetta antistante il duomo di Marcianise.
Ancora oggi in occasione di questa festa viene svolto sempre nella piazzetta una piccola fiera di attrezzi agricoli e pentolame di creta .
Dopo circa un anno il maiale veniva sacrificato e rimpiazzato subito da un altro. O ‘ ccirapuoch  era colui che in quel tempo veniva chiamato in casa per ammazzare il maiale.
Veniva tirato fuori con forza dal porcilame con una corda a nodo che veniva ancorata tra il muso e i denti,e adagiato su un ripiano basso (_veniva usata molto la balla di paglia)tenuto fermo da 4-5 persone mentre o ccirapurch gli tagliava la orta vicino la gola.
Subito era pronta una donna che con un recipiente recuperava il sangue che fuoriusciva dalla ferita , il sangue serviva a fare il sanguinaccio, un dolce tra cui ingrediente veniva aggiunto anche zucchero e cacao amaro e veniva preparato in diverse versioni.
Si procedeva poi alla pulitura del pelo che veniva rimosso dalla cotenna; si bagnava il pelo con acqua bollente e dopo pochi secondi veniva rimosso il pelo con il rungillo ben affilato (attrezzo che serve per tagliare i grossi tronchi di alberi).
Finita questa operazione il maiale veniva sospeso in verticale per toglierci le interiora.
La pulitura delle interiora sicuramente e’ l’operazione che richiedeva molta attenzione e selezione. Da queste parti meno nobili, nasce un prodotto tipico del nostro territorio che i nostri avi hanno dato giusta collocazione nella cucina nostrana: la nnoglia.

La nnoglia e’ un salume aperto  di budella e ventre. Si utilizzano le parti dell’intestino grasso  che in altre zone della Campania, prevalentemente in Irpinia, viene utilizzato per insaccare la soppressata e lo stomaco. 
Ingredienti: 
Ventre e intestini del maiale
peperoncino
 aglio
 finocchietto
sale
 arance
limoni
Dopo la prima accurata pulitura fatta dall’ “accirapuorc”, vengono  risciacquate e  successivamente raschiate con  un  coltello  capovolto (per intenderci senza utilizzare la lama).Dopo questo procedimento  vengono sottoposti a concia  di sale con limoni e arance tagliati a metà. Vengono lasciate per 3-4 giorni in un recipiente dove ogni giorno vengono risciacquate e conciate di nuovo con sale limoni e arance.
Al termine di questo procedimento il ventre e parte degli intestini vengono tagliati a striscie lunghe di 50-60 cm e larghe 1,5 e conditi con abbondante  sale, aglio, peperoncino e finocchietto. 
Unire 7-8 striscioline  e legare una  delle estremità con lo spago.
Insaccare il tutto con l'intestino grasso.
    Pressare con la mano e chiudere l’altra estremità con lo stuzzicadenti. 
    Salare e stagionare per 30-35 giorni.
    La nnoglia dopo la stagionatura.
E’ l’ingrediente principe della menestra ammaritata che viene consumata dai  marcianisani il giorno della ricorrenza della Pasqua. Piatto tipico e inimitabile fatto con broccolo nero, menestra, cicoria, le parti della testa del maiale(orecchie muso, guanciale, tufoli, e altri parti carnose), il piede, la salsiccia di polmone e appunto la nnoglia. 
Si può trovare la nnoglia, lavorata ancora con il metodo tradizionale presso L’antica Macelleria Andrea Laurenza, Via Madonna della Libera 68-70 Marcianise (CE). 
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Sanguinaccio al forno

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L'appuntamento del mese di febbraio della rubrica "l'Italia nel piatto" ha come tema  un po' di zucchero.Trovandoci nel periodo  di carnevale la mia scelta è caduta su una ricetta millenaria: il sanguinaccio di riso.
Con questo termine, si definisce una crema dolce che ha i seguenti ingredienti :  latte, cacao, zucchero, cannella, scorze di cedri, vaniglia e sopratutto sangue di maiale.
La versione moderna del sanguinaccio risulta senza sangue, sostituito da cacao amaro, cioccolato fondente fuso, amido di mais e burro.Personalmente credo che non prevedendo il sangue non possa prendere il nome di sanguinaccio.
Abbiamo riempito i nostri post sul maiale con la dicitura "del maiale non si butta via niente" riguardante sopratutto parti inusuali dell'animale.Questo naturalmente riguarda anche il sangue che e' stato in tempi passati utilizzato a scopi terapeutici , veniva dato a persone e sopratutto bambini affetti da anemie.Alimento economico ma molto ricco a livello nutritivo.
Questo dolce un tempo veniva preparato sia in pasticceria che a casa.Oggi viene preparato solo a casa secondo tradizione , in pasticceria non puo' essere piu' prodotto dal 1992.
Una legge dello Stato  vieta il commercio per scongiurare il pericolo di infezioni , considerando il sangue veicolo di malattie.Anche se non e' piu' venduto il sangue di maiale è utilizzato dai piccoli contadini nei paesi di montagna.Il sanguinaccio e' un alimento di origine molto antica , gia conosciuto e apprezzato dai Romani .Un tempo quando nelle famiglie si sacrificava il maiale, il sanguinaccio veniva servito con le chiacchiere , altro dolce tipico del carnevale in Campania.
In Italia esistono molteplici varietà di sanguinacci che seguono ingredienti e tradizioni del territorio:
Friuli Venezia Giulia : il sauganel ; Valle D'Aosta : il boudin della Val d'Aosta ; Toscana: il biroldo (insaporito con finocchio selvatico ) e il mallegato; Liguria : beroldo (pinoli cipolle e latte); Lombardia e Piemonte : marzapane e patate;  Calabria : sangiari (preparato con l'intestino a cui si affianca un altro sanguinaccio preparato con cervello e insaporito con il pepe); Sicilia : sangeli (preparato con l'intestino)

Ingredienti:
1,5 lt di latte 
1 l di sangue di maiale
440 g cacao amaro
scorze di due limoni grattugiate
un pizzico di sale 
750 g di zucchero 
pinoli
uva passa 
sugna
Procedimento:
In una pentola abbastanza capiente, versare il sangue di maiale filtrato attraverso un  colino fine.Aggiungere il latte, il cacao mescolato con lo zucchero, le scorze di limone grattugiate,  un pizzico di sale , i pinoli, l'uva passa.Mescolare il tutto con un cucchiaio di legno finchè tutti gli ingredienti non risultino ben amalgamati.
Cospargere con pochissima  sugna il fondo di una teglia e versare il sanguinaccio aggiungendo altri pinoli.  

Infornare il sanguinaccio  a 180° per 20-25 minuti circa  fino a che non avrà un colore scuro. Pezzo da 90 della cucina tradizionale campana, dal sapore leggermente aspro  e lievemente ferruginosa.
‘O SANGUINACCIO
Scene d’altri tempi. Di un’infanzia lontana, di una vita genuina, naturale ed i suoi piccoli drammi con i lieto finead ammorbidirne i toni. L’ignaro maiale a farne le spese, dopo una vita ad ingrassare….

Già quacqquareia e voll e,‘ncopp ‘a nu’ fuoc’estèll,
‘o zucchero ammiscato, cu’ nu’ cacao amaro,
‘o ssent rint’errecchie e m’arricord’ ancora,
‘e chelli llucch aizate,‘a r’a nu puorc accise.
C’a mano svelta a giro,pe’ n’o ffà aggrumà,
girava ‘nt’ocupiello,rapida, mammà,
e ll’uommene, cchiù d’uno,amantene rel’ stiso,
nu’ bellu ppoc primmr’overe re lo appiso.
E nuie cchiù criature,tuttellà ‘nnascuse,
‘e spase mesente vemo eallucche ‘a nunfernì.
‘Nt’all’angul’ecurtiglie a paglia ‘nfosa e sporca,
nu’ rantulo cu’ fforza e ‘o llurdeme respiro,
‘o jettenollà ‘nterra cu’ ll’uocchie chiusi ormai.
Pigliate ‘e cucchiarelle, aunaterint’atiana,
arricettamm ‘o mbruoglio, n’abbast’aringrazià!
                                                                                                                            Franco RUSSO
Come avranno usato lo zucchero le altre regioni????
Valle d'Aosta Frittelle di mele, hockene 
Piemonte Torta di mele piemontese
Trentino Alto Adige "Balote de pomi" con zabaione al Vin Santo trentino
Veneto Sbreghette
Emilia Romagna- I melichini -
Liguria - Focaccia dolce allo Sciacchetrà -
Umbria- Crescionda-
Marche Pesche dolci -
Molise -Biscotti molisani al miele:'I Core-
Puglia - Sporcamuss -
Sardegna - Uvusones
All'amico Franco gli dai l'imput al resto pensa lui.La poesia e' nel suo sangue....

Migliaccio dolce di Carnevale

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Il 2 febbraio, giorno della Candelora , festa che commemora la Presentazione del Signore nel tempio di Gerusalemme e il rito di purificazione di Maria, nelle case dei napoletani si prepara il migliaccio, profumatissimo dolce a base di semolino. Importato anche in altre provincie della campania, il migliaccio dolce ormai radicato e migliorato dall'ammissione in esso della ricotta di di buona qualità prodotta dal latte degli allevamenti ovini e bufalini presenti sul nostro territorio. 
Ingredienti:
250 g di semolino 
500 g di zucchero
1 l di latte 
1 litro di acqua 
500 g di ricotta
scorza grattuggiata di 2 limoni  
1 bacca di vaniglia
1 bicchierino di strega
una fialetta millefiori
50 g di strutto 
10 uova
 un pizzico di sale 
Procedimento:
In una pentola alta scaldate il latte, l'acqua e la scorza grattuggiata del limone, portate a bollore. Aggiungete il semolino facendolo cadere a pioggia e mescolando di continuo affinchè non si formino dei grumi. Fate addensare il composto e, quando la farina avrà assorbito il liquido, aggiungete la sugna, spegnete il fuoco e fate amalgamare il tutto; lasciate raffreddare. Setacciate la ricotta, in un altra zuppiera sbattete con le fruste elettriche le uova con lo zucchero, un pizzico di sale e i semi di vaniglia. Quando il composto risulterà spugnoso, aggiungete la ricotta, il liquore strega e la fialetta millefiori, amalgamate delicatamente finchè non avrà acquisito una consistenza vellutata. Unite al composto la base di semolino e mescolate .  Imburrate due teglie di circa 25 cm di diametro e dai bordi non troppo alti. Spruzzate i bordi interni ed il fondo con la farina. Versate il composto ed infornate a 180°-200° per circa un ora. Il migliaccio è pronto quando risulterà dorato. Lasciate raffreddare e spolverate con zucchero a velo prima di servire.

Differenze tra la molitura a pietra e a cilindri

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Ultimamente la farina è diventata l'argomento di discussione dei pizzaioli, blogger-giornalisti e consulenti enogastronomici. Una continua gara a chi la spara più grossa; il pizzaiolo (che nella maggior parte dei casi ignora completamente i processi di produzione) si avvale di giornalisti, che per sentito dire o per ricerche superficiali scrivono articoli contraddittori che smentiscono quello scritto un mese prima sullo stesso argomento trattato. Per ultimo abbiamo qualche consulente enogastronomico che per stare a passo con il mondo acquista libri, legge tantissimo e alla fine ne sa sempre più dell'autore. Al consulente ac-culturato non può mancare un pizzico di fortuna; vi immaginate se tra le sue mani gli capita un testo che scientificamente non è veritiero? A questo punto succede un fattore di auto proclamazione; il tipo talmente che si auto convince incomincia a fare guerre stellari con: agricoltori, agronomi, nutrizionalisti, biologi e sopratutto ricercatori scientifici.  Ma secondo voi l'obbiettivo del Tizzio è il sapere o come manipolare le menti usando il marketing delle lobby? Questi illuministi del futuro sono convinti che un prodotto industriale è uguale se non superiore a quello tradizionale, il grano è tutto uguale e le farine a pietra dovrebbero scomparire perché i mulini a cilindri sono più efficienti, sicuri e salutari...ma il meglio di loro lo danno quando intervengono sui temi medici!
A questo punto un conflitto interiore mi assale, perché fare percorsi formativi da piccoli ? che senso ha un percorso universitario in biologia con conseguenza specializzazione in medica?

Ritornando sulla macinature, è tutto giusto ed è tutto sbagliato, questo dipende da chi fa l'analisi; la fa un mulino che ha solo cilindri? Sembra scontato produce la migliore farina possibile! La fa quello a pietra il risultato pende verso la pietra.
I tuttologi danno al termine raffinato un aggettivo negativo ad interpretazione mistica....Certo che la farina non si raffina ma si setaccia, ma quando la vai a setacciare con il mulino a cilindro,  decidi tu cosa devi rimanere nel sacco e raffinata può anche indicare l'assenza di fibre.  Infatti la macinazione a cilindri consiste in una serie di riduzioni granulometriche, ad ogni riduzione segue una fase di setacciatura.

Farine Integrali
Entrambi i mulini possono produrre farine integrali. 
Molino a cilindri
La molinatura  a cilindri consiste in una serie di riduzioni granulometriche, ( da un minimo di 6 a un massimo di 30), ad ogni riduzione segue una fase di setacciamento.
Svantaggio della molitura a cilindri
Per la tecnica della molitura a cilindri è fondamentale bagnare il grano e farlo riposare per almeno 8 ore prima della macinazione affinché assorba l'umidità dall'esterno. 
Molino a pietra ( vantaggi)
La molitura a pietra essendo più antica è molto più semplice di quella cilindri, si caratterizza per la produzione di farina attraverso un solo passaggio. All'interno del molino, sono presenti pietre contrapposte che possono girare a velocità variabili( min. 60-70 giri al minuto fino a un massimo di 400). Uno dei vantaggi delle farine integrali macinate a pietra rispetto a quelle a cilindri e' quella di avere un umidità più bassa.  Per questo tipo di macinatura il chicco non viene bagnato perché essendo bassa la rotazione delle pietre, può innescarsi il fenomeno di impastamento. Durante questa molitura la maestria del mugnaio sta nel regolare la distanza tra le due pietre e quindi mantenere una temperatura di esercizio sotto i 35°. 
Grazie alla bassa umidità rispetto a quella a cilindri, le farine macinate a pietra consente di preparare impasti più idradati che svilupperanno meglio in cottura.
Quali tipi di farina si ottengono con la macinatura a pietra? 
Con la macinatura a pietra si ottiene farine di tipo 1 -2 e integrali, parliamo di vecchi mulini. 
Contenuto di Ceneri  
La legge italiana impedisce che le farine integrali abbiano il 100% di chicco, essa impone che queste tipologie di farine abbiano un tenore di ceneri pari a 1,70%. Il contenuto di ceneri ( sali minerali) sono quelle parti del chicco che rimangono alterati dopo aver carbonizzato un campione di prodotto portandolo a più di 600°. I sali minerali( ceneri), sono contenuti prevalentemente nelle frazioni cruscali. 

Farine integrali con mulini a cilindri.
Con un molino moderno a cilindri , dopo le varie fasi di riduzione otteniamo su 100% di grano il 75% di farina 00 e il 25% di sottoprodotti, crusca, cruschello, tritello e farinaccio. Questi prodotti possono successivamente reintrodotti nella farina in varie percentuali per ottenere attraverso la ricostruzione le farine 0 , di tipo 1, tipo 2 ed integrale o meglio nota come farina integrale ricostruita.    
Bisogna precisare che la qualità del prodotto finito in entrambi i casi è dato dalla qualità dei grani e sopratutto da buon impianti di molitura.
Fonti:
http://www.vivalafarina.it/


 

Calascione di Capriati

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Il calascione è una pizza ripiena, quello di Capriati a Volturno ( comune italiano di 1.541 abitanti della provincia di Caserta in Campania al confine con il Molise) si distingue dagli altri perchè ha come base una pasta fatta con gli stessi ingredienti dei taralli perciò rimane più rigida  e croccante. Il calascione, viene mangiato a pranzo del venerdì Santo , ma viene anche conservato e scambiato con amici e vicini di casa. Al sud la convivialità è un valore che riesce ancora a sopravvivere! In queste terre dell'Alto Volturno è rappresentativo della Pasqua incipiente: tutti ne preparano tanti e si preoccupano che gli altri li abbiano. 
Ingredienti per la base:
Farina 00
1 bicchiere di vino bianco
mezzo bicchiere di olio extra vergine 
Ingredienti per il ripieno:
2 ceppi medi Bietole  lessate e saltate in padella con
olio extra vergine di oliva 
aglio
acciughe 
olive 
pepe
sale
Impastare tutti gli ingredienti della sfoglia base; lasciar riposare; staccare una pallina di pasta ; stendere con il mattarello fino ad ottenere una sfoglia di circa 25 cm di diametro. Disporre la pasta in un ruoto oleato con olio extra vergine di oliva. Mettete dentro la sfoglia il ripieno con le bietole preparato in precedenza e ricoprire il tutto con un altra sfoglia tirata sempre con il matterello. Sigillare i bordi passando sui bordi del ruoto il mattarello. Infornare al 220° per circa 30 minuti.
Si mangiano caldi e accompagnati con vino bianco.
Bibliografia :"Gastronomia in Terra di Lavoro", Giovanna Ferrante Sorrentino pag 79.
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